Violenza in Siria: è emergenza sfollati mentre l'Onu prolunga la missione dei suoi
osservatori
Ancora violenza in Siria in primo piano. Damasco e da ieri anche Aleppo, cuore dell’economia
del Paese, sono i fronti infuocati del conflitto. L’esercito sta continuando la propria
offensiva contro i ribelli e sono state 145 le vittime di ieri, dopo i 300 di due
giorni fa: il bilancio più grave dall’inizio delle ostilità. Intanto al Consiglio
di Sicurezza dell’Onu è stata prolungata di 30 giorni la missione degli osservatori
delle Nazioni Unite. A favore anche Mosca ma proseguono le schermaglie con gli Stati
Uniti, decisi ormai ad agire anche fuori dall’Onu. Marina Calculli:
All’indomani
della giornata più sanguinosa della guerra civile, l’esercito ha lanciato ieri una
controffensiva per riprendersi i quartieri della capitale controllati ormai dai ribelli.
Fino a questa mattina i soldati hanno riconquistato diverse zone di Damasco ma in
molte altre si continua a combattere senza sosta. E anche Aleppo, la seconda città
della Siria, è ormai teatro di guerra. Mentre il regime riprende terreno, cattive
notizie giungono però dalla Turchia: altri 3 generali avrebbero defezionato. La TV
di stato annuncia invece la morte del capo della sicurezza nazionale, il general Iktiyar,
rimasto ferito nello stesso attentato che aveva ucciso il ministro della difesa e
il cognato di Assad. Intanto il Consiglio di Sicurezza ha approvato il rinnovo della
missione degli osservatori: 30 giorni soltanto e se Assad non ritirerà le armi pesanti
dal terreno i caschi blu lasceranno il paese. Nel frattempo aumenta drammaticamente
il numero di persone che sta fuggendo dalla Siria. Oltre 30.000 persone hanno varcato
il confine con il Libano solo negli ultimi 2 giorni. Mentre l’Iraq ha chiuso la frontiera
dichiarandosi incapace di accogliere i rifugiati.
Dunque la situazione umanitaria
si sta facendo preoccupante. Libano e Iraq stanno fronteggiando l’arrivo dei profughi
mentre un milione di sfollati interni sono assistiti dal Comitato internazionale della
Croce rossa, dalla Mezzaluna rossa siriana ma anche dalle comunità religiose ancora
presenti come i francescani. Gabriella Ceraso ha raccolto ieri la testimonianza
di Suor Yola, del Memoriale di San Paolo, raggiunta telefonicamente a Damasco:
R. - Noi
viviamo in una situazione molto delicata; però la viviamo con molta speranza. Accogliamo
la gente, abbiamo aperto la nostra casa. Da diverse parti della Siria stanno venendo
qui lasciando le loro case, molte delle quali sono distrutte. Sono persone che hanno
perso tutto: casa, negozi, cliniche. Cerchiamo sempre di dare una testimonianza di
speranza, dicendo loro che tutto passerà. D. – Voi stando in città sentite gli
spari? R. - Certo. Intorno, nelle periferie di Damasco noi sentiamo che si combatte.
Ieri sera ci sono stati degli scontri per strada proprio davanti alla porta della
nostra casa. Abbiamo chiamato l’esercito e dopo un’ora è finita. D. - Abbiamo notizie
di tanta gente che sta cercando di scappare, di andare via .. R. - I siriani sono
venuti a Damasco; quelli di Homs sono tutti a Damasco. Ci sono tantissime famiglie
alloggiate in Siria. I cristiani sono in Siria, i cristiani non hanno lasciato il
Paese. E' un popolo forte quello siriano, ce la farà a vivere questa situazione, seppur
dolorosa. Noi siamo sicuri, crediamo in Dio che dà la pace e non negli uomini, gli
uomini hanno interessi.