Arizona. Prosegue l’impegno dei leader religiosi a favore dei diritti degli immigrati
Prosegue nello Stato dell’Arizona l’impegno delle organizzazioni religiose contro
la legge sull’immigrazione. La legge, come «riveduta» dalla Corte Suprema degli Stati
Uniti — che ne ha respinto alcuni punti chiave con una sentenza del giugno scorso
— assegna in pratica alle forze dell’ordine il potere di effettuare verifiche sullo
stato di immigrato per chiunque venga sottoposto a fermo di polizia. Le critiche –
riferisce L’Osservatore Romano - si appuntano sul fatto che le norme lascerebbero
comunque spazio a eventuali abusi, per ragioni razziali, da parte delle forze dell’ordine.
Leader religiosi e altri, riuniti in sostegno a una coalizione di organizzazioni come,
per esempio, il National Immigration Law Center, l’American Civil Liberties Union,
il Mexican American Legal Defense and Educational Fund, hanno promosso nei giorni
scorsi un ricorso alla Corte distrettuale dello Stato al fine di bloccare l’applicazione
pratica delle nuove norme. Tra i casi citati di abusi vi è quello dell’ufficio dello
sceriffo Joe Arpaio, noto come il «più duro d’America», che nel giugno scorso ha fatto
arrestare una bimba di sei anni sospettata di essere entrata illegalmente negli Stati
Uniti. La bimba, secondo un portavoce dello sceriffo citato da fonti di stampa, ha
affermato di provenire da El Salvador ed era assieme ad altri quindici presunti immigrati
clandestini in viaggio nel Paese. Peraltro la legge ha innescato una serie di questioni
in merito alla regolamentazione dei poteri di verifica dello status immigratorio e
di eventuale arresto tra le forze di polizia locali e quelle federali. «La nostra
Costituzione — ha affermato una rappresentante del National Immigration Law Center,
Karen Tumlin — protegge da quelle leggi che intendono discriminare sulla base del
colore della pelle di una persona o della sua nazionalità». La legge dell’Arizona
in tema di immigrazione è divenuta «modello» anche per altri Stati, limitando in alcuni
casi anche le stesse attività di assistenza spirituale e materiale dei religiosi nei
confronti degli stranieri. Uno stretto giro di vite all’immigrazione è stato dato
in Arizona, Georgia, Utah, Indiana, Alabama e South Carolina. A subire pesanti limitazioni,
è spiegato in un documento dell’episcopato cattolico, sono le strutture che offrono
accoglienza o gli stessi membri del clero che amministrano i sacramenti agli immigrati
irregolari: si tratta di leggi «in Alabama e in altri Stati che proibiscono ciò che
il Governo considera “dare rifugio” alle persone prive di documenti legali e che per
la Chiesa è invece carità e cura pastorale». L’episcopato cattolico in una nota dei
mesi scorsi, aveva comunicato, fra l’altro, di aver presentato alla Corte Suprema
— assieme alla comunità evangelica luterana e presbiteriana e al Servizio immigrati
e rifugiati luterano — una relazione di carattere giuridico con la quale si intende
ribadire la necessità di promuovere il valore della famiglia e il rispetto della dignità
umana. Leggi come quella dell’Arizona, si osserva, pongono infatti a forte rischio
anche l’unità delle famiglie, sotto il profilo dei ricongiungimenti. Anche l’Amministrazione
Obama ha preso nel tempo posizione contro le severe leggi sull’immigrazione in alcuni
Stati. Secondo l’Amministrazione, queste norme — adottate con l’intento di colpire
il fenomeno degli irregolari — si rivelano «crudeli e discriminatorie nei confronti
degli immigrati legali». Il Governo ha nei mesi scorsi deciso, fra l’altro, di promuovere
la creazione di un gruppo di lavoro congiunto che ha come obiettivo quello di «scremare»
il numero degli immigrati irregolari a rischio di espulsione, eliminando dalle liste
coloro che hanno commesso reati di non grave rilevanza per la sicurezza pubblica e
coloro che non hanno commesso reati. Di conseguenza l’attività giudiziaria si concentrerebbe
soltanto sui casi ritenuti «più gravi», lasciando agli altri immigrati la possibilità
di poter regolarizzare la propria presenza e attività sul territorio statunitense.