L'omaggio a Debussy del 13.mo Festival abruzzese "Pietre che cantano"
Musica, teatro, poesia e spettacolo tornano nei borghi più belli e nella natura incontaminata
dell’aquilano, con il Festival internazionale "Pietre che cantano", che continua così
a dare slancio a un territorio ancora ferito dal sisma del 2009. "Innesti fecondi",
tema della 13.ma edizione dal 30 luglio al 23 agosto, è ispirato a Claude Debussy
di cui si festeggiano il 150.mo dalla nascita. L’importanza di questo autore e il
suo rapporto col programma, nelle parole del direttore artistico del Festival, la
pianista Luisa Prayer. L’intervista è di Gabriella Ceraso:
R. – Debussy
non soltanto come compositore, ma anche come ispiratore: con questo suo metodo di
aprirsi veramente a esperienze diverse, ad armonie di culture extraeuropee... Anche
la sintassi musicale subisce grandi trasformazioni, grazie proprio a questi innesti
e suggestioni che provengono da mondi lontani.
D. – Quindi, anzitutto spazio
alle composizioni di Debussy e anche a delle rarità come il poema libico “La Damoiselle
élue,” e la sonata per flauto, viola e arpa che avrà uno scenario – la notte del 10
agosto – veramente suggestivo…
R. – Questo concerto noi lo facciamo in montagna,
in alta quota: non sarà facile portarci l’arpa, però ci riusciremo. C’è questo villaggio
meraviglioso, ancora senza acqua ed elettricità, delle Pagliare di Tione degli Abruzzi,
che è dove si andava a fare il secondo raccolto. Lì c’è una piccola chiesa, molto
suggestiva e molto bella: la nostra arpa sarà lì a risuonare.
D. – L’omaggio
de Debussy, però, si compone anche di altra musica francese contemporanea o musica
russa…
R. – Sì, ho voluto mettere in evidenza quanto sia stato fecondo l’innesto
di quella musica nel discorso debussiano, che forse è una cosa a cui si pensa meno,
essendo stato Debussy a casa della grande mecenate di Tchaikovsky, Madame Von Meck,
avendo passato un periodo a Mosca e avendo conosciuto Mussorgsky enaturalmente Tchaikovsky.
Quindi, Grynyuk eseguirà anche i quadri di un’esposizione: Campaner suonerà musica
russa.
D. – Ma l’innesto del metodo di Debussy ispira anche le vostre collaborazioni
con gli enti locali teatrali, da cui nascono cinque spettacoli che arricchiscono il
programma. Quali sono gli elementi forti di questa calendario teatrale?
R.
- Nel momento in cui un festival di musica si associa a un festival di teatro, sceglie
spettacoli di teatro e musica. Avremo “Le Vispe Terese” di Elio Pandolfi e Marco Scolastra:
31 riscritture de “La Vispa Teresa” di Sailer ed è un esercizio di stile molto divertente
di un colto avvocato di Foglino che si chiama Luciano Cicioni, è un’idea di Marco
Scolastra. E’ uno spettacolo divertentissimo. Poi, c’è il teatro musicale di Bustric
con “The Jungle Book”, “Il libro della giungla”, con la partitura del ’42 di Miklos
Rosza che ci presenta un’India fantastica e tanti, tanti gesti poetici di questo illusionista,
mago, attore, non so come vogliamo definirlo.
D. - Un programma, dunque, molto
ricco che tende – lo ricordiamo – a valorizzare non solo gli interpreti di eccellenza
che sono abruzzesi, come la soprano Valentina Coladonato, ma proprio questo territorio
che nonostante sia ancora un “cratere sismico”, come voi lo definite, da voi non è
stato mai abbandonato.
R. – Noi abbiamo cominciato nel Duemila e non sapevano
quella che sarebbe successo dopo. Avevamo scelto per i nostri concerti tutta questa
conca aquilina, ricca di bellezze artistiche e architettoniche, anche perché ognuno
di questi concerti è in un luogo bellissimo, con la particolarità di essere inseriti
in piccolissimi borghi antichi, che sono quei borghi che avevano fondato poi la città
de L’Aquila. Ecco perché lì ci sono cose ancora più antiche, Oggi andare nei luoghi
che sono tornati agibili o che si sono potuti nel frattempo restaurare o che sono
rimasti miracolosamente intatti, come il Chiostro di San Domenico a L’Aquila, significa
parlare di tutti quelli che ancora mancano e che debbono essere recuperati.