Nigeria. Nasce l'Osservatorio della libertà religiosa. Intervista con Massimo Introvigne
Dall'inizio dell'anno le comunità cristiane in Nigeria sono state vittime di numerosi
attacchi, che hanno provocato numerosi morti, soprattutto durante le celebrazioni
domenicali. Il governo italiano, mentre continua a sollecitare una risposta europea
a questa emergenza, scende in campo con una sua iniziativa, intrapresa dall'Osservatorio
della libertà religiosa, neonata organizzazione promossa dal Ministero degli esteri
in collaborazione con Roma Capitale. L'iniziativa sarà presentata giovedì 19 luglio
all'Associazione della Stampa Estera di Roma dal sociologo Massimo Introvigne,
coordinatore dell'Osservatorio. Fabio Colagrande lo ha intervistato.
R. – L’Italia
si sta adoperando perché la questione dei cristiani in Africa, in particolare della
Nigeria, sia messa all’ordine del giorno nei vari documenti dell’Unione Europea e
anche delle Nazioni Unite. Tuttavia, ci rendiamo conto che i tempi tecnici delle iniziative
internazionali sono molto lunghi e, purtroppo, i cristiani continuano a morire. Questa,
quindi, è proprio una delle funzioni dell’Osservatorio. L’Italia sta promuovendo delle
iniziative di carattere bilaterale con la Nigeria, un governo amico, con cui i rapporti
sono buoni. A questo era finalizzata la missione dei giorni scorsi dell’onorevole
Boniver e, per la verità, alcune iniziative sono già partite nel campo di addestramento
delle forze di sicurezza della polizia di frontiera e anche di funzionari nigeriani.
In questo campo, l’Italia ha delle eccellenze che sono riconosciute al nostro Paese.
Anche grandi Paesi hanno richiesto l’assistenza dell’Italia per la formazione di forze
dell’ordine contro eventi di tipo violento o terroristico. Quindi, senza affatto trascurare
l’importanza che si muovano poi le organizzazioni internazionali, l’Italia è già partita
dopo la cooperazione bilaterale.
D. – Quindi, lei conferma che c’è la volontà
del governo nigeriano di collaborare su questo aspetto...
R. – Il governo nigeriano,
in questo momento, ha come presidente un cristiano, Goodluck Jonathan, e non è quindi
certamente promotore, ma è vittima di queste violenze, che mirano anche a rovesciare
l’attuale governo. Tuttavia, l’offensiva terroristica non nasce soltanto dall’interno
della Nigeria. Sappiamo che il movimento responsabile della maggior parte delle violenze
– senza escludere, come i vescovi ci ricordano, talora anche cause locali - Boko Haram,
gode anche di sostegni e di armi che vengono dall’estero. Quindi, il governo si trova
di fronte ad un problema molto complesso ed è giusto che sia sostenuto anche dall’aiuto
internazionale.
D. – C’è anche la necessità, quindi, di isolare le centrali
del terrorismo anticristiano, che come vediamo sono molto presenti nei Paesi africani...
R.
– Questa, come dire, è la seconda gamba dell’iniziativa italiana, che stiamo promuovendo:
far passare la consapevolezza del problema da una serie di eventi locali ad un’emergenza
continentale regionale. E’ certo, infatti, che ognuno degli eventi locali possa anche
essere attribuito a cause episodiche, però queste sono tutte tessere che vanno poi
a comporre un mosaico e, in questo mosaico, operano anche delle centrali di tipo terroristico,
che soffiano sul fuoco, che aizzano le difficoltà locali, e il cui programma è un
vero programma di pulizia religiosa, una nozione che assomiglia molto alla polizia
etnica, per mettere in fuga i cristiani, per indurli ad emigrare, per farli vivere
comunque in una situazione di paura che li trasformi a poco a poco in cittadini di
serie b.