Mali: a migliaia riparano in Burkina Faso aiutati dai Camilliani
Sono migliaia le persone che stanno fuggendo dal Mali colpito da una drammatica carestia
ma anche da una vasta offensiva dei gruppi integralisti islamici che seminano terrore
e distruzione e contro cui si è scagliato il premier Modibo Diarra che ha annunciato
anche l'apertura di consultazioni per la creazione di un governo di unità nazionale.
Molti dei profughi hanno trovato rifugio in Burkina Faso, dove è attiva la "task force"
dei Camilliani che cerca di creare condizioni ottimali per quanto riguarda igiene,
acqua, cibo, sanità. Al microfono di Cecilia Seppia,il racconto di
Fratel Luca Perletti missionario della diocesi di Dorì da poco rientrato in
Italia.
R. - La situazione
al momento sembra abbastanza sotto controllo dal punto di vista di problematiche come
epidemie o cose simili che possono verificarsi in questi casi però sembra l’inizio
di una situazione seria. Non ci sono indicatori molto gravi per quanto riguarda gli
sfollati, però ovviamente la presenza di 65 mila persone in una zona già di per sé
povera e con poche risorse, è un indicatore che le cose diventeranno abbastanza difficile
da sostenere. La popolazione infantile inoltre è consistente e ci sono anche casi
riportati di malnutrizione e occuparci di questo, sarebbe un altro dei nostri obbiettivi.
D.
- Voi state anche studiando il possibile impegno di una "task force" dei Camilliani
a sostegno di questa popolazione profuga del Mali…
R. - L’intervento vorrebbe
essere di integrazione di quanto già stanno facendo le agenzie umanitarie, dando particolare
enfasi al nostro specifico, che è la sanità, avvalendoci poi degli ospedali che abbiamo
in Burkina. Per cui una parte del nostro servizio in collaborazione con le agenzie
già presenti sul posto, sarebbe appunto quello offrire i nostri ospedali per quanto
riguarda la chirurgia e soprattutto la pediatria, in riferimento al servizio che già
facciamo nella capitale Ouagadougou.
D. - Carestia ed insicurezza dicevamo
sono il movente alla base di questo esodo dal Mali. Ricordiamo anche che in Mali è
anche in corso un’offensiva da parte dei gruppi integralisti islamici; notizie recenti
parlano anche del gruppo Ansar Dine che distrugge mausolei, templi sacri antichissimi.
C’è quindi una situazione davvero complicata...
R. - Direi proprio di sì. Noi
abbiamo raccolto le testimonianze degli sfollati, i quali ci hanno riferito con paura
che non intendono tornare nel Paese, finché la situazione non si sarà calmata. Considerando
che si trovano in un contesto molto difficile - perché essendo in un Paese straniero
e certamente povero e senza la possibilità per quanto riguardo i Touareg di vivere
la vita nomadica perché costretti a stare nei campi - il fatto che abbiano paura di
tornare la dice lunga sulla situazione difficile che si sta vivendo in Mali. Poi,
noi abbiamo avuto modo di incrociare alcuni convogli militari stranieri e questo ci
ha molto impressionato: significa che ci sono in atto delle manovre militari molto
più grandi di cui ancora non si sa ancora molto.
D. - Situazione difficile
in Mali, ma situazione difficile anche nel Paese che ospita, nel Burkina Faso. Quindi
si rischia di aggiungere emergenza all’emergenza...
R. - Questo è uno dei problemi
che l’amministratore diocesano ci faceva presente quando ci ha chiamato. La paura
è che possa poi generarsi un conflitto tra i due gruppi: i locali, che comunque hanno
sofferto una carestia nel corso di quest’anno, e questi sfollati che, di fatto, vengono
aiutati più dagli altri. Per cui, il rischio è che la situazione degeneri in un conflitto
tra poveri.
D. - Voi come Task Force, state cercando anche di collaborare con
le istituzioni che sono presenti sul posto. In che modo?
R. - Il nostro primo
partner sarà la diocesi di Dori, attraverso la Caritas che si chiama Ocades. In aggiunta,
uniremo i nostri servizi con le agenzie sovrastatali come l’Unhcr, l’Alto commissariato
dell’Onu per i Rifugiati.