Il nuovo arcivescovo di Gorizia, mons. Redaelli: vado a servire una Chiesa maestra
di dialogo
L’arcidiocesi di Gorizia vive in queste settimane la fase di passaggio in vista dell’arrivo
del suo nuovo pastore, mons. Carlo Roberto Maria Redaelli, che succede a mons.
Dino De Antoni, il quale lascia per raggiunti limiti di età. A mons. Redaelli, in
precedenza vescovo ausiliare di Milano, Isabella Piro ha chiesto con quali
sentimenti ha accolto la nomina al nuovo incarico:
R. – Innanzitutto,
con sentimenti di riconoscenza verso il Signore e verso il Santo Padre che è interprete
nei miei confronti della volontà di Dio. Poi, certo, anche con sentimenti di gioia
per un incarico che mi permetterà di essere pastore in senso pieno di una Chiesa che
per me è totalmente nuova.
D. – Nella lettera che ha indirizzato ai suoi nuovi
fedeli ha fatto riferimento al suo motto episcopale tratto da un passo dell’Apocalisse…
R.
– Sì mi ha colpito questa frase che c’è nel capitolo 21: “Vieni ti mostrerò la fidanzata
la sposa dell’agnello”. E’ la frase che l’Angelo dice all’autore dell’Apocalisse,
Giovanni, per presentargli la sposa dell’agnello, cioè la Città santa, la nuova Gerusalemme.
L’intuizione era questa, che al vescovo fosse più che ad altri data un po’ questa
grazia dello Spirito, di vedere l’azione dello Spirito Santo che sta preparando la
Chiesa, pur in mezzo a tante fatiche e contraddizioni, a essere davvero la sposa dell’agnello.
Questa è una grazia che vorrei chiedere al Signore anche in questa occasione: di vedere,
anzitutto nella Chiesa di Gorizia, l’opera che sta facendo lo Spirito Santo.
D.
- Gorizia è un’arcidiocesi di confine, italiana ma anche con un’anima nordeuropea…
R.
- Il dialogo caratterizza questa Chiesa, il confronto tra diverse culture, diverse
lingue. E’ certamente una Chiesa ben inserita nel cammino di tutte le Chiese del nordest
proprio per mettersi in dialogo con le necessità di oggi, con il mondo di oggi: il
Vangelo è quello di sempre ma diventa il Vangelo di oggi.
D. – Lei lascia l’incarico
di vescovo ausiliare di Milano. Tra gli ultimi eventi che Lei ha avuto modo di seguire
c’è sicuramente il settimo Incontro mondiale delle famiglie che si è tenuto a Milano
i primi di giugno ,alla presenza di Benedetto XVI. Cosa Le ha lasciato questo evento
e quali ricordi porterà con sé?
R. - Certamente, il fatto che le famiglie ci
sono e hanno tanta voglia di vivere così con semplicità, pur con le loro fatiche,
perché non bisogna nascondere anche le loro crisi. Hanno tanta voglia di vivere il
Vangelo nel mondo di oggi, di cogliere poi nell’insegnamento del Vangelo - che il
Santo Padre, quando è venuto, ci ha rappresentato con la sua semplicità ma anche con
la sua chiarezza e limpidezza - e di cogliere in questo un segno di grande speranza,
la possibilità di continuare, di non fermarsi e come cristiani, in questo momento
di crisi generalizzata, testimoniare che c’è qualcosa di bello, si può andare avanti.
D.
- Quali sono gli auspici e le speranze che serba nel suo cuore per il suo futuro?
R.
– Questa grande speranza, per la Chiesa di Gorizia ma anche per la nostra Chiesa italiana,
di vivere un po’ questo periodo di fatica e anche di transizione come un momento di
purificazione e di rinnovamento evangelico. Quindi, confermando quanto di positivo
ci viene da una tradizione secolare di fede molto viva, però anche sapendo aprirci
allo Spirito Santo e alle strade che ci indicherà perché lo Spirito opera anche al
di là di quello che noi vediamo. Mi pare bello, nella conclusione dell’Apocalisse,
quello che lo Spirito insieme alla sposa dice: “Vieni Signore Gesù”. C’è questa attesa
definitiva dello Sposo: alla fine c’è il Regno di Dio e questo deve riempirci di grande
speranza.