Pechino invia flotta di 30 navi alle isole Spratly: tensione nel Mar cinese meridionale
Sale la tensione nelle acque del Mar Cinese Meridionale. Pechino, ha infatti inviato
30 grandi pescherecci, scortati da un pattugliatore armato, alle contese isole Spratly,
l’arcipelago, ricco di giacimenti petroliferi, il cui controllo è rivendicato oltre
che dalla Cina anche da Vietnam, Brunei, Filippine, Malaysia e Taiwan. Gli Usa sono
pronti ad arginare qualsiasi prova di forza, ma per il governo cinese gli interessi
in gioco sono molteplici. Come spiega Francesco Sisci, corrispondente da Pechino
per il Sole24Ore, al microfono di Cecilia Seppia:
R. – Tutti i
Paesi che si affacciano su queste acque, ma in particolar modo Cina, Filippine e Vietnam,
stanno cercando di demarcare più chiaramente il possesso di queste isole, che era
rimasto finora abbastanza vago. La Cina rischia di inciampare politicamente in uno
scontro, che per essa avrebbe conseguenze molto più gravi: rischierebbe di isolarla.
Quindi non è in ballo solo la limitazione, il possesso o meno di un tratto di mare
o di un pezzo di terra, ma la sua posizione internazionale. Dall’altro lato, la Cina
non può permettersi di rinunciare al possesso di un pezzo di territorio che rivendica,
perché dentro c’è un’opinione pubblica nazionalista, che considererebbe il governo
di Pechino debole e arrendevole rispetto alle potenze internazionali.
D. –
Siamo di fronte ad uno dei luoghi geografici più strategici del Pianeta, come lo Stretto
di Hormuz o i Canali di Suez, di Panama. Ma perché è così importante questo pugno
di isole disabitate e per giunta inospitali?
R. – E’ un passaggio di mare molto
importante, perché da qui passano anche le merci che vengono dall’Europa e sono dirette
in Giappone o in Corea. In realtà, poi, la contesa non è tanto sul pezzo di mare,
perché i cinesi hanno detto di non contestare il tratto di mare e di ritenerlo comunque
acqua internazionale, il punto centrale è invece il gas o petrolio che ci sarebbe
sotto queste isole. Rimane, invece, molto importante il principio dell’unità nazionale:
la Cina, infatti, potrebbe permettersi di fare a meno di questo petrolio o di questo
gas, ma non può permettersi di fare a meno del principio di unità territoriale, di
possesso territoriale. Questa è la cosa importante. Certamente per Vietnam o Filippine
la questione del petrolio diventa importante, ma non meno importante è per loro non
cedere rispetto a quelle che considerano prepotenze da parte della grande potenza
egemone della zona, cioè Pechino. E’ un problema di potenza: è un gioco di potenza
ancor più che di denaro.
D. – Un gioco di potenza che in qualche modo spaventa
anche gli Stati Uniti...
R. – Da una parte, gli Stati Uniti vorrebbero tenerla
a freno, dall’altra parte, gli Stati Uniti sono quelli che hanno reso internazionale
la questione, dicendo che loro sono interessati a risolvere il problema. Naturalmente,
quando la grande potenza internazionale dice così, le piccole potenze locali – il
Vietnam e le Filippine – si sentono spalleggiate e quindi prendono baldanza rispetto
alla Cina. In Cina, quindi, pensano che ad aver infiammato la situazione siano state
proprio queste affermazioni americane.