Nigeria, testimonianza di una suora: la paura sta logorando convivenza tra cristiani
e islamici
Cresce nelle comunità cristiane nigeriane il timore che i ripetuti sanguinosi attacchi
subiti dai gruppi islamisti possano innescare un conflitto religioso ed etnico in
tutto il Paese. Suor Caterina Dolci, missionaria delle Suore del Bambin Gesù
di Nicola Barré, da 27 anni in Nigeria, nello Stato di Taraba (nordest), racconta,
al microfono di Fabio Colagrande, la paura dei cristiani locali, da tempo nel
mirino della setta integralista Boko Haram e prova a spiegare i motivi di questi attacchi:
R. – I motivi
di questi scontri sono molto complessi. Comunque, in molte degli appartenenti a Boko
Haram, c’è certamente la ricerca di un potere. In quest’ultimo periodo la Nigeria
è governata da un presidente cristiano, ma alcuni gruppi fondamentalisti islamici
non lo vogliono: vogliono avere un presidente musulmano. Negli ultimi anni – praticamente
dal 2009 – si è formato questo gruppo Boko Haram, che sta cercando di distruggere
la Nigeria per una questione di potere: usano il fattore religioso, che in Nigeria
è molto, molto importante, per mettere la gente l’una contro l’altra. Il fattore etnico
e il fattore religioso vanno molto insieme: se si attacca una tribù, vuol dire che
si vuole attaccare anche la sua religione. Dietro Boko Haram ci sono persone interessate
a questa distruzione, anche perché alcune di queste persone sono finanziate da politici,
ex dittatori che hanno interesse a riacquistare il potere.
D. – Colpisce l’incapacità
del governo di difendere le comunità cristiane?
R. – Sì e purtroppo questo
è uno dei grandi problemi. Ogni volta che c’è qualche attacco, il presidente promette
che sarà l’ultimo. ma, invece, continuano a ripetersi. Il nostro presidente è una
persona – diciamo – brava, ma evidentemente è molto debole: ci sono delle forze dietro
di lui che sono molto più potenti di lui. E’ difficile denunciare i colpevoli, perché
si metterebbe a rischio la propria vita. La gente praticamente si sente abbandonata,
anche perché, a volte, la polizia e i militari sono di parte, per cui non si capisce
bene chi deve difendere i poveri cittadini. Anche nelle Chiese ormai si sono praticamente
formate delle persone, appartenenti alla chiesa, che fanno un po’ di sorveglianza
alle chiesa: anche questo, però, non è mai sufficiente perché questi episodio continuano
a ripetersi.
D. – Com’è la convivenza, in generale, fra cristiani e musulmani
in Nigeria?
R. – Direi che la convivenza non è mai stata un grosso problema:
sia nel Sud come nel Nord si sono sempre vissuti rapporti abbastanza cordiali. Anche
nella zona dove sono io, a Jalingo, che non è tra le più calde dal punto di vista
di questi scontri, la convivenza è sempre stata buona e ci si è sempre rispettati.
In questi ultimi anni, la convivenza è problematica anche da noi, dove non si sono
verificati grossi scontri: ormai non ci si fida più degli altri: per cui i cristiani
non si fidano più dei musulmani, i musulmani non si fidano più dei cristiani, perché
la persona che incontri potrebbe essere un potenziale nemico. Si sono create delle
situazioni che non corrispondono al desiderio della gente, che è sempre vissuta tranquillamente,
in pace.
D. – Quindi, il pericolo è che questi attacchi, che hanno motivazioni
politiche e economiche, portino però ad un vero e proprio conflitto religioso: lei
ha questo timore?
R. – Il timore è che ci sia veramente un conflitto che coinvolga
tutta la nazione e che sia un conflitto religioso ed etnico. Mentre all’inizio di
questi avvenimenti così dolorosi non si pensava che qualcosa di più grave potesse
subentrare, adesso si vede che il pericolo aumenta. Siamo anche grati all’Italia,
perché so che un gruppo di parlamentari hanno lanciato l’iniziativa “Fermiamo la strage
dei cristiani in Nigeria”, raccogliendo le firme. Mi sembra che sia importante che
anche i governi europei – il governo italiano lo sta facendo – facciano pressioni
presso le autorità politiche in Nigeria affinché la situazione si risolva in modo
più positivo.