Figlie di S. Camillo in festa per i 100 anni dell'ospedale romano "Madre Giuseppina
Vannini"
Ricorre oggi la solennità di San Camillo De Lellis. A Roma, l'ospedale "Madre Giuseppina
Vannini" delle Figlie di San Camillo, ha aperto le celebrazioni per i 100 anni di
presenza del nosocomio nella capitale. Ce ne parla Davide Dionisi:
Da pensionato
per anziani, ambulatorio per i poveri, clinica chirurgica, sino all'evoluzione più
bella e impegnativa nel 1980: la trasformazione in ospedale. Oggi, il Vannini compie
100 anni di presenza a Roma e nel giorno della solennità di San Camillo conferma la
sua vocazione ispirata – come ha detto durante l'omelia, mons. Giuseppe Marciante,
vescovo ausiliare del settore Est della capitale – alla figura del buon samaritano.
Il presule ha poi spiegato l'attualità della figura e del messaggio dell'apostolo
di Bucchianico in un momento in cui il sistema sanitario soffre particolarmente:
R.
– San Camillo, in qualche modo, aveva un approccio integrale alla persona umana. Questa
è la sua caratteristica. Sapeva che la persona umana ha bisogno, non solo della cura
del corpo, ma anche della cura dello spirito. E’ necessaria, in questo momento, una
visione integrale dell’uomo, un approccio olistico, come si dice oggi, a tutta la
persona umana. Allora, solo con questo tipo di visione si può considerare la persona
guarita: nella misura in cui si guarisce non solo il corpo, ma anche lo spirito. Questa
mi sembra una delle esigenze e delle prospettive importanti per la sanità.
D.
- La notizia di oggi è che proprio in una situazione di emergenza e di crisi, al Vannini
vengono inaugurati tre nuovi reparti...
R. – Certamente, se oggi dovessero
smettere di lavorare tutti gli ospedali di ispirazione cattolica e tutti i centri
Caritas, lo Stato si troverebbe in difficoltà. Penso, quindi, che la carità della
Chiesa vada oltre quelli che sono i rapporti istituzionali: li tiene in considerazione,
ma va oltre, perché attinge non solo da quelli che possono essere i fondi che vengono
dallo Stato, ma soprattutto dalla generosità dei fedeli, dalla generosità dei cristiani,
dei credenti.
D. - Un'utenza multietnica richiede da parte di un ospedale cattolico
competenze e professionalità che vanno al di là della preparazione specifica…
R.
– Certo. Innanzitutto, non si chiede mai l’identità religiosa alla persona che viene
curata. Neanche il buon samaritano ha chiesto all’uomo incappato nei briganti di che
religione fosse: l’ha curato e basta, perché ha visto un bisogno. Certo, poi c’è anche
il rispetto dell’altro: è necessario rispettare la sua identità, i suoi valori e anche
la sua religione, nel caso fosse di una religione diversa da quella cristiana, da
quella cattolica. E proprio la carità ci fa capire che la vita va oltre a volte le
differenze e la differenza è nell’approccio, cioè nella visione che si ha della persona
umana. Questo a volte fa davvero la differenza. Noi mettiamo il cuore di Cristo nelle
mani dei medici, nelle mani degli infermieri, dei volontari, di tutti, perché è la
carità di Cristo che ci edifica, la carità di Cristo che ci fa crescere.