Siria: 200 morti a Hama. I ribelli chiedono all'Onu una risoluzione vincolante su
Assad
La provincia di Hama, ancora teatro di una strage; la peggiore dall’inizio della crisi
siriana. Oltre 200 i morti accertati, quasi tutti civili inermi. L'opposizione chiede
al Consiglio di sicurezza dell'Onu l'adozione di una risoluzione vincolante contro
il regime, mentre il presidente Bashar al Assad, da parte sua, accusa i suoi oppositori
tornando a definirli – come sempre ha fatto – dei “terroristi”. Intanto, è stato annunciato
ufficialmente che si terrà il 16 luglio a Mosca il colloquio tra l'inviato speciale
per la Siria, Kofi Annan, ed il ministro degli Esteri russo, Sergei Lavrov. Obiettivo
del faccia a faccia, cercare una soluzione praticabile per risolvere la crisi. Sull’escalation
di violenza in atto nel Paese, Salvatore Sabatino ha intervistato Vittorio
Parsi, docente di Relazioni internazionali presso l’Università Cattolica di Milano:
R. – A me sembra
che il regime di Assad abbia deciso ormai di esasperare i toni della guerra civile,
nel senso che sta tentando una soluzione militare. Probabilmente, è consapevole delle
poche probabilità che ha di vincere complessivamente la guerra civile, ma nello stesso
tempo è anche consapevole del sostanziale blocco della comunità internazionale che
non sarà a tempo indefinito per cui c’è in qualche modo un’accelerazione di questa
crisi.
D. – Blocco della comunità internazionale che vede la Russia continuare
ad appoggiare il regime. Come si potrà risolvere questa situazione?
R. – Quella
che è in corso in Siria è comunque una guerra civile in cui le violenze vengono commesse
da entrambi le parti e la violenza che si è scatenata spinge molte delle componenti
della società siriana, non necessariamente “assadiste”, a stare dalla parte di Assad
preoccupata da quello che potrebbe succedere dopo. Tanto più se i ribelli vedono prevalere
le forze più radicali, come è ragionevole che succeda, mano a mano che lo scontro
si fa più violento. E questo credo che sia un calcolo di Assad: far emergere i più
radicali nelle forze ribelli per guadagnarsi sostegno e per tenere sotto di sé tutti
quelli che pensano che alla fine la sua dittatura sia il male minore. Detto questo,
credo che l’unico modo di uscirne sarebbe uno sblocco della posizione russa, che è
molto difficile. In questo momento, i russi pensano che sia prevalente mantenere l’appoggio
al loro alleato che in qualche modo offre ancora una possibilità di rientro in Medio
Oriente, dopo tanti anni che la Russia era sparita dall’area.
D. – Cosa potrebbe
a questo punto far cambiare posizione alla Russia?
R. – Bisogna calcolare che
la Russia ha una popolazione musulmana prevalentemente sunnita importante. Le proiezioni
demografiche ci dicono che nei prossimi 20-30 anni la minoranza musulmana russa sarà
una minoranza molto consistente. Allora, se dovessero scatenarsi attentati nelle province
russe a maggioranza musulmana, dal Caucaso all’Asia centrale, allora questo potrebbe
indurre Mosca a rivedere la sua posizione. Non è escluso che qualcuno non stia iniziando
a pensare di suscitare tutto sommato un minimo di risveglio di irredentismi ossetini,
ceceni, e quant’altro, collegati alla strage di fedeli musulmani contro il regime
di Assad.
D. – Sullo sfondo della crisi siriana c’è il piano di pace di Kofi
Annan, che in molti definiscono morto ma che lo stesso mediatore di Onu e Lega araba
continua comunque a difendere. E’ un piano secondo lei che ha fallito totalmente o
in qualche modo può essere rivisto e riportato in campo?
R. – Fare la spola
tra i vari attori della regione costringe tutti a considerare che la situazione è
complessa, e che se si cerca una soluzione politica, questa avrà, di necessità, compromessi
che dovranno essere tentati perché l’alternativa a questo è uno sblocco violento della
situazione. Sblocco che può venire o facendo pressione – che è un eufemismo – sulla
Russia, affinché cambi posizione, oppure da qualche evoluzione nel quadro regionale
che coinvolga la Siria senza avere la Siria per obiettivo. Tanto per essere chiari:
se la questione del nucleare iraniano porta a qualche nuova accelerazione, allora
questa inevitabilmente è una delle conseguenze anche sugli squilibri della Siria senza
che necessariamente siano prese iniziative dirette sulla Siria.