SUD SUDAN: Primo anniversario dell’indipendenza. Messaggio congiunto della Chiesa
cattolica ed anglicana
Era il 9 luglio 2011 quando il Sud Sudan diventava, ufficialmente, il 54.mo Stato
africano, proclamando la propira indipendenza dal governo di Khartoum. A distanza
di un anno, l’arcivescovo cattolico di Juba, mons. Paulino Lukudu Loro, ed il primate
anglicano del Sudan, il rev. Daniel Deng Bul, hanno diffuso un messaggio congiunto
ai cittadini. Innanzitutto, nel testo vengono ricordati i passi avanti compiuti dalla
giovane nazione in 365 giorni di indipendenza: la costruzione delle strade, l’ampliamento
della rete delle telecomunicazioni, l’apertura di varie ambasciate nel mondo, “il
nascente senso di orgoglio ed identità nazionale”. “Come nazione, quindi – si legge
nel messaggio – governo, Chiesa e cittadini possono essere fieri di tutto questo”.
Allo stesso tempo, però, non mancano le criticità, come la corruzione, i conflitti
etnici, la carenza di servizi basilari, tra cui la sanità, l’educazione, l’acqua,
la mancanza di sicurezza, il ruolo minore affidato alla Chiesa nella stesura di una
nuova Costituzione. Mons. Lukudu Loro e il Rev. Bul puntano il dito anche contro il
deterioramento “ad un livello inaccettabile” dei rapporti tra i governi di Juba e
Khartoum, ribadendo che la guerra non è “un’opzione per risolvere i conflitti” ed
invitando le parti in causa a cessare il fuoco. È urgente, inoltre, ricorda il messaggio
congiunto, affrontare la questione del rincaro dei prezzi dei beni essenziali e dello
sfruttamento del petrolio, “risorsa donata da Dio e che dovrebbe portare benefici
ad entrambi i Paesi”. La Chiesa cattolica e quella anglicana si soffermano, poi, sul
principio della dignità umana, “donata da Dio e non derivante dal luogo di nascita”
e in base alla quale si chiede di porre fine “alle espulsioni di sud-sudanesi dal
Sudan e ai rapimenti di cittadini di Juba da parte di gruppi armati”. “Ci appelliamo
ai nostri fratelli e sorelle – si legge ancora nel messaggio – perché non prendano
le armi contro i loro concittadini, ma lavorino uniti alla democratizzazione dei rispettivi
Paesi”. Di qui, l’esortazione forte a Juba e Khartoum affinché attuino la risoluzione
ONU 2046, approvata il 2 maggio scorso, e che chiede ai due Paesi di cessare immediatamente
gli scontri armati, di ritirare le proprie truppe riportandole all'interno dei confini
delle rispettive nazioni e di ripristinare i negoziati di pace. Ribadendo, inoltre,
che “la Chiesa si identifica soprattutto con i poveri e gli oppressi di ogni credo,
etnia o nazionalità, a prescindere da dove essi si trovino”, il rappresentante cattolico
ed il suo omologo anglicano deplorano gli attacchi contro alcune istituzioni religiose
avvenute a causa della diversità di fede, di etnia e di cultura. Al contempo, il messaggio
congiunto esprime rammarico per il proseguimento delle “guerre civili nelle zone del
Darfur, dei Monti Nuba e del Nilo Blu”: “Non c’è una soluzione militare – scrivono
mons. Lukudu Loro e il rev. Bul – Chiediamo pertanto alle parti in causa di avviare
negoziati significativi e ci appelliamo affinché ci sia un accesso umanitario internazionale
ed immediato in queste regioni”. Piena di speranza è, poi, l’ultima parte del messaggio,
in cui i firmatari esprimono l’auspicio che “il primo anniversario dell’indipendenza
del Sud Sudan sia un’opportunità per il governo, la Chiesa e la popolazione del Paese”
perché si possa avverare il sogno di “due nazioni democratiche e libere, in cui persone
di ogni religione, etnia, cultura e lingua godano degli stessi diritti umani; due
nazioni in pace l’una con l’altra, che usano insieme, e nel modo migliore, le risorse
donate da Dio; due Paesi che vivono fianco a fianco nella solidarietà e nel rispetto
reciproco, che celebrano la loro storia comune e dimenticano gli errori commessi in
passato”. Il sogno, quindi, è quello “della fine delle povertà e della malnutrizione,
di cristiani e musulmani che possono frequentare le chiese e le moschee senza paura”.
Dal suo canto, la Chiesa ribadisce il proprio impegno “nella promozione della pace
a tutti i livelli attraverso i valori del Vangelo”. “La Chiesa rimarrà unita al di
sopra delle due nazioni”, si legge ancora nel testo, e e guarderà alle diversità culturali
come “ad una forza per lo sviluppo e per una coesistenza armoniosa”; per questo, cattolici
ed anglicani si assumono “la responsabilità reciproca di garantire che la nuova Repubblica
del Sud Sudan sia costruita sulle solida fondamenta dell’uguaglianza, della dignità
dell’uomo, dei diritti umani e della giustizia”. (PIRO)