Hillary Clinton nel Sudest asiatico, missione economica e diplomatica
Il segretario di Stato americano Hillary Clinton e il ministro degli esteri cinese
Yang Jiechi hanno affermato oggi la loro volontà di lavorare insieme per la stabilità
e il progresso dell' Asia. Il colloquio si è tenuto a Phonm Pen in Cambogia, dove
sia gli Usa che la Cina partecipano come invitati al vertice dell'Asean, l' associazione
che riunisce dieci Paesi dell' Asia sudorientale. Nelle prossime ore la Clinton vedrà
anche il presidente birmano Thein Sein. Ieri, la storica visita nel Laos, la prima
di un segretario di Stato americano dal 1975. Del significato di questa missione
nel sud est asiatico, Fausta Speranza ha parlato con Luciano Bozzo, docente di Relazioni
internazionali e studi strategici all’Università di Firenze:
R. - L’interesse
degli Stati Uniti per il Sudest Asiatico, evidentemente, è proporzionale a quella
che è l’importanza che quello scacchiere assume nella strategia globale americana,
cioè in virtù dell’enorme aumento della potenza cinese, della crescente importanza
degli scambi nell’area del Pacifico e dell’aumento evidentemente anche della potenza
indiana. Quell’area si incunea tra la Cina e l’India: in particolare, i Paesi dell’area
di cui stiamo parlando storicamente sono degli avversari e sono percepiti come tali
proprio dalla Cina, perché si trovano ai margini della massa continentale dominata
dalla potenza cinese.
D. - La Clinton ha dichiarato: dopo dieci anni focalizzati
in Afghanistan e in Iraq, adesso gli investimenti statunitensi guardano a questa parte
del mondo, a livello diplomatico, economico e strategico. Che cosa c'è davvero come
obiettivo?
R. - Si avvicina il turno elettorale, le presidenziali americane.
Evidentemente, gli Stati Uniti sono in una posizione delicata - se non critica - per
quello che riguarda il Medio Oriente, area di crisi non risolte e di due guerre che
si sono trascinate stancamente. Non avendo poi portato l’Iraq e l’Afghanistan ai risultati
previsti nei tempi voluti e sperati, è chiaro che il massimo interesse del presidente
Obama è concentrare l’attenzione della stessa opinione pubblica americana in un’area
nuova, promettente e che evidentemente comporta in questo momento molti minori rischi
per gli Stati Uniti e maggiori possibilità di sviluppo positivo.
D. - Dimenticando
un po’ il punto di vista statunitense, andiamo ora con lo sguardo ai Paesi del Sudest
Asiatico. C’è la questione del Mar cinese meridionale, tra Filippine, Cina e Vietnam,
e forse ci sono anche altre questioni più urgenti. Ne delineiamo qualcuna?
R.
- L’aumento dell’importanza economica e geoeconomica dell’area del Pacifico ha aumentato
ed enfatizzato l’importanza dei traffici marittimi: sia per l’esportazione delle produzioni
cinesi che per l’importazione in Cina delle materie prime, indispensabili alla crescita
ed alla stabilità del Paese. A questo si associa poi il problema del controllo di
ciò che esiste nei fondali marini, le risorse naturali - petrolio, gas - ma anche
delle stesse risorse ittiche, che non sono irrilevanti per alcuni Paesi dell’area,
penso per esempio al Vietnam. Tutto ciò ha scatenato la disputa attorno alle isole
Spratly e Paracel, che peraltro si trascina da decenni, ma che in qualche modo è stata
esacerbata in questi ultimi anni. Ci sono state anche delle situazioni di forte tensione
militare, degli scontri tra unità navali, ed è una disputa che vede contrapporsi la
Repubblica Popolare cinese, Taiwan, le Filippine e il Vietnam e ognuno di questi attori
ha delle rivendicazioni su quell’area.