ALGERIA: L'arcivescovo emerito di Algeri a Témoignage Chrétien
«Volevamo essere una comunità fraterna in un Paese che si riappropriava della sua
storia»: è un passaggio dell’intervista all’arcivescovo emerito di Algeri, Henri Teissier,
pubblicata sull’ultimo numero della rivista «Témoignage Chrétien» e ripresa da “L’Osservatore
Romano”. Da oltre sessant’anni il presule vive in Algeria nonostante, nel 1962, i
francesi abbiano deciso di lasciare il Paese africano. Fa parte di un gruppo di una
ventina di sacerdoti che sono riusciti, tre anni dopo, a ottenere la nazionalità algerina.
Nell’intervista monsignor Teissier ricorda che «si è deciso di diventare Chiesa di
un popolo musulmano e di non vivere come una minoranza che cerca di difendere prima
di tutto i propri diritti». Questa è la ragione per cui «abbiamo sviluppato la nostra
amicizia e la nostra solidarietà. Per questo motivo durante la crisi degli anni Novanta,
ci siamo assunti i nostri rischi. Come i monaci di Tibhirine, o i padri bianchi di
Tizi, abbiamo deciso tutti insieme di rimanere con i nostri amici musulmani. Il nostro
progetto — ha sottolineato l’arcivescovo emerito di Algeri — è quello di essere una
comunità di preghiera e di azione, solidale con il Paese e di conseguenza segno di
un futuro possibile di comunione tra cristiani e musulmani». Di fronte alla crescita
degli evangelici, che ha provocato qualche preoccupazione alle autorità, Teissier
ha ricordato che «ci sono state misure per limitare la presenza cristiana in generale
e questo ha creato difficoltà alla Chiesa cattolica. L’arcivescovo di Algeri e mio
successore, monsignor Ghaleb Moussa Abdalla Bader, sta cercando di superare questo
momento nel quale siamo soggetti a diversi vincoli, come la difficoltà a ottenere
il visto». Nonostante tutto, la comunità cristiana — ha aggiunto il presule — «continua
a lavorare in molti ambiti con quegli algerini che accettano di collaborare con noi.
Queste misure restrittive ostacolano il nostro rinnovamento, ma non pesano sui rapporti
di collaborazione. Questo dimostra che siamo pronti a vivere nella solidarietà, malgrado
le difficoltà a livello amministrativo». L’arcivescovo, inoltre, si è soffermato
sullo spirito di collaborazione tra Chiesa e Stato algerino: «Il fatto che il primo
impegno preso per il restauro della basilica di Nostra Signora d’Africa sia venuto
dalla provincia (wilaya) di Algeri ha permesso di sollecitare Marsiglia e le collettività
del sud del mondo. La basilica è stata al centro del processo che ha legato la Chiesa,
lo Stato algerino, le collettività e le imprese locali e quelle francesi. Queste sono
la prova che possiamo continuare a fare le cose insieme». È stato fatto così ad Annaba
per il restauro della basilica di sant’Agostino: «Le difficoltà per la realizzazione
di questi progetti in comune — ha proseguito l’arcivescovo — non provengono dalla
parte algerina, al contrario, da certi ambiti anticlericali francesi». Infine,
a seguito del film Des hommes et des dieux, del regista Xavier Beauvoi, nel quale
si rievoca l’uccisione nel 1996 di sette monaci trappisti del monastero di Tibhirine,
monsignor Teissier ha sottolineato che «Tibhirine rivivrà completamente quando vi
sarà una comunità contemplativa sul luogo. Ma, grazie a padre Jean-Marie Lassausse,
della Mission de France, e ai suoi volontari, vi è già una presenza che permette di
assicurare un’accoglienza sul posto. Vi sono visitatori sia cristiani che musulmani.
Tibhirine è diventato un segno non solo per la comunità cristiana, ma per molti algerini
che vengono a visitare questo luogo e anche per quelli che abitano nelle vicinanze».
Ma non c’è solo Tibhirine: «Abbiamo numerosi progetti in comune con gli amici algerini.
A dicembre — ha concluso — si svolgerà un dibattito sulla memoria dell’Algeria contemporanea
in onore di Charles-Robert Ageron, la cui famiglia ci ha donato la biblioteca». (L’Osservatore
Romano)