Concerto in onore del Papa alla presenza di Napolitano. Intervista con il maestro
Barenboim
Concerto oggi alle 18.00 a Castel Gandolfo in onore del Papa: ad offrirlo sono il
maestro Daniel Barenboim e la West-Eastern Divan Orchestra, composta da musicisti
ebrei, cristiani e musulmani. In programma, la Sinfonia n. 6, Pastorale, e la Sinfonia
n. 5 di Ludwig van Beethoven. Sarà presente anche il presidente della Repubblica italiana,
Giorgio Napolitano, accompagnato dalla consorte, che poi saranno ospiti del Papa per
la cena. Marco Di Battista ha chiesto al maestro Daniel Barenboim di
parlarci della modernità della musica di Beethoven:
R. - La musica
rimane sempre contemporanea: le sinfonie di Beethoven non sono moderne perché sono
state scritte tanti anni fa però sono contemporanee nel senso che hanno un’importanza
per il mondo di oggi. E’ un’espressione dell’anima umana che non cambia, anche se
la tecnologia ha fatto avanzare il mondo e l’essere umano: però l’anima dell’essere
umano è rimasta, nel senso più profondo, la stessa.
D. - Entrando nello specifico,
lei inizierà con la sesta di Beethoven, la cui partitura - come è noto - è più espressione
del sentimento che pittura…
R. - Non è una sinfonia descrittiva, anzi si sa
che mentre scriveva la sinfonia pastorale Beethoven leggeva Kant e la sua filosofia
sulla natura. E’ questo che ha ispirato Beethoven, più che la natura come qualcosa
di descrittivo. Non è una visualizzazione della natura ma è il sentimento della natura,
è il sentimento dell’essere umano davanti a questo fenomeno inesplicabile che è la
natura. In questo senso - e non lo dico perché suoniamo per il Papa - è veramente
un’espressione quasi religiosa della natura e penso che sia questo il contenuto di
quest’opera.
D. – Maestro Barenboim, la quinta inizia con la pausa di croma
più famosa della musica: cosa c’è dietro quel respiro?
R. – Non si possono
usare le parole per parlare della musica; se si potesse spiegare la musica con le
parole, la musica non sarebbe necessaria. Naturalmente l’inizio della sinfonia esprime
grande drammaticità ed è proprio una dichiarazione di coraggio e di esaltazione.
D.
– La quinta è in do minore, la nona è in re minore. C’è questo collegamento tra il
do minore, tonalità tragica per eccellenza, e il re minore che conclude le sinfonie
beethoveniane con un inno alla gioia, con un’invocazione a una positività che richiama
la fiducia di Beethoven nell’arte e nella musica in particolare, per redimere l’umanità…
R.
– Questo è tipico della filosofia beethoveniana; sia la quinta che comincia in do
minore e finisce in do maggiore, sia la nona che comincia in re minore e finisce in
re maggiore, vogliono esprimere una cosa chiara: il passaggio dal caos all’ordine,
il passaggio dell’incertezza a una certezza assoluta. E in questo senso la filosofia
beethoveniana è molto positiva.