Ancora morti in Siria: Kofi Annan non interrompe la sua missione
La violenza non si placa in Siria. Da parte sua il mediatore di Onu e Lega Araba,
Kofi Annan, ribadisce che il suo piano di pace non è morto. Ieri ha fatto tappa a
Teheran e ha definito l’Iran un attore importante per risolvere la crisi. Il servizio
di Marina Calculli: Ma giunti a questo
punto, resta in piedi l’ipotesi di un governo di transizione, con esponenti del regime
e dell’opposizione? Roberta Gisotti ne ha parlato con Roger Bouchahine,
direttore dell’Osservatorio geopolitico mediorientale:
R. – Il
fatto che l'incontro di ieri sembri essere molto positivo – immediatamente Kofi Annan
è andato a Teheran – secondo le nostre analisi non sembra affatto una situazione positiva.
Al contrario, l’accordo russo-americano o russo-israeliano – come noi lo definiamo
– sembra sia arrivato alla fine e l’azione sembra già programmata.
D. – Resta
in piedi l’ipotesi di un governo di transizione, con esponenti del regime e dell’opposizione?
R.
– Presumibilmente, dopo la fuga del figlio di Tlass, sembra si sia creata una voragine
e sembra che gli americani, insieme con i francesi, ci contassero molto. Era l’azzardo
da giocare su una personalità di quel livello e pare, da quel momento in qua, che
le forze di sicurezza di Assad siano andate in tilt. Sappiamo quanto sia stata dolorosa
la fuga di questo generale per Assad, ma sembra che questo abbia riaperto giochi per
un rovesciamento. E’ in atto una nuova azione dei Fratelli musulmani in Siria, sembra
si siano organizzati e che stiano supportando l’opposizione. Si parla di questi 50
mila soldati, queste nuove brigate riunitesi contro il regime... E sembra che, con
l’aiuto di Tlass, si possa arrivare a un esito definitivo per il regime: o mollare
per non distruggere ulteriormente il Paese, o catturare e consegnare i responsabili.
Questo è il piano che si è visto e pensato nei giorni scorsi.
D. – Possiamo
dire, quindi, che si stanno vivendo giorni assolutamente decisivi, con epiloghi anche
imprevedibili…
R. – Fino a poco tempo fa, si parlava di mesi ed eventualmente
di una guerra civile sul lungo periodo. Da questa guerra civile non si tornerà mai
più indietro: anche se Assad domani venisse catturato, o se eventualmente lasciasse
il potere e scappasse, il Paese non tornerebbe in mano alla Siria di un anno fa. E’
chiaro che la guerra civile è il destino di quel Paese, almeno per un periodo. Poi,
in base ai compromessi che si vogliono far compiere a questa opposizione, per così
dire, si potrà ottenere la pace nuel Paese o no. Per far capire che non si andrà verso
un’azione militare contro il regime – si parla di un suo eventuale rovesciamento o
della cattura e della consegna di Assad alla giustizia – è sufficiente ascoltare il
(direttore dei servizi russi): non daranno più armi al dittatore Assad fin quando
non si arriverà a una tregua nel Paese. Sembra un segnale molto evidente quello della
Russia, che ha “mollato”, almeno in parte, questo regime, chiaramente in cambio di
qualcos’altro, anche se non sappiamo fino in fondo quali siano state le trattative.
La cosa peggiore che posso segnalare negli ultimi due mesi è la mancata attenzione
alla situazione iraniana: nonostante Teheran avesse detto di considerarsi la chiave
della soluzione in Siria e di non essere stata invitata all’ultimo tavolo delle trattative,
di Teheran non ne parla più nessuno. Né della rivoluzione all’interno di Teheran,
né della preparazione della bomba atomica: non si parla più di Teheran dopo la sconfitta
di Ahmadinejad. Sembra che Teheran abbia trovato una soluzione meno dolorosa per il
regime siriano, ma non meno dolorosa per la Siria o per il popolo siriano. Dobbiamo
aspettare, secondo me, qualche ora ancora per capire dove stiano andando tutti attraversoi
compromessi che si giocano dietro le quinte.