Siria. Roger Bouchahine: dialogo Assad-Annan con molte incognite e scenari di tregua
poco chiari
All’indomani dell’incontro ieri a Damasco tra il presidente Assad e l’inviato dell’Onu,
Kofi Annan, con l'obiettivo di riportare la pace in Siria, ci si chiede quali reali
possibilità vi siano di fermare il massacro per un conflitto civile che ha già causato
oltre 17 mila morti dall’inizio della crisi, 16 mesi fa. Intanto, proseguono sul campo
gli scontri: almeno 41 i morti nei combattimenti nelle ultime 24 ore a Damasco e Homs.
Roberta Gisotti ne ha parlato con Roger Bouchahine, direttore dell’Osservatorio
geopolitico mediorientale:
R. – Il fatto
che l'incontro di ieri sembri essere molto positivo – immediatamente Kofi Annan è
andato a Teheran – secondo le nostre analisi non sembra affatto delineare una situazione
positiva. Al contrario, l’accordo russo-americano o russo-israeliano – come noi lo
definiamo – sembra sia arrivato alla fine e l’azione sembra già programmata.
D.
– Resta in piedi l’ipotesi di un governo di transizione, con esponenti del regime
e dell’opposizione?
R. – Presumibilmente, dopo la fuga del figlio di Tlass,
sembra si sia creata una voragine e sembra che gli americani, insieme con i francesi,
ci contassero molto. Era l’azzardo da giocare su una personalità di quel livello e
pare, da quel momento in qua, che le forze di sicurezza di Assad siano andate in tilt.
Sappiamo quanto sia stata dolorosa la fuga di questo generale per Assad, ma sembra
che questo abbia riaperto giochi per un rovesciamento. E’ in atto una nuova azione
dei Fratelli musulmani in Siria, sembra si siano organizzati e che stiano supportando
l’opposizione. Si parla di questi 50 mila soldati, queste nuove brigate riunitesi
contro il regime... E sembra che, con l’aiuto di Tlass, si possa arrivare a un esito
definitivo per il regime: o mollare per non distruggere ulteriormente il Paese, o
catturare e consegnare i responsabili. Questo è il piano che si è visto e pensato
nei giorni scorsi.
D. – Possiamo dire, quindi, che si stanno vivendo giorni
assolutamente decisivi, con epiloghi anche imprevedibili…
R. – Fino a poco
tempo fa, si parlava di mesi ed eventualmente di una guerra civile sul lungo periodo.
Da questa guerra civile non si tornerà mai più indietro: anche se Assad domani venisse
catturato, o se eventualmente lasciasse il potere e scappasse, il Paese non tornerebbe
in mano alla Siria di un anno fa. E’ chiaro che la guerra civile è il destino di quel
Paese, almeno per un periodo. Poi, in base ai compromessi che si vogliono far compiere
a questa opposizione, per così dire, si potrà ottenere la pace nel Paese o no. Per
capire che non si andrà verso un’azione militare contro il regime – si parla di un
suo eventuale rovesciamento o della cattura e della consegna di Assad alla giustizia
– è sufficiente ascoltare quanto ha detto il direttore dei servizi russi: non daranno
più armi al dittatore Assad fin quando non si arriverà a una tregua nel Paese. Sembra
un segnale molto evidente quello della Russia, che ha “mollato”, almeno in parte,
questo regime, chiaramente in cambio di qualcos’altro, anche se non sappiamo fino
in fondo quali siano state le trattative. La cosa peggiore che posso segnalare negli
ultimi due mesi è la mancata attenzione alla situazione iraniana: nonostante Teheran
avesse detto di considerarsi la chiave della soluzione in Siria e di non essere stata
invitata all’ultimo tavolo delle trattative, di Teheran non ne parla più nessuno.
Né della rivoluzione all’interno di Teheran, né della preparazione della bomba atomica:
non si parla più di Teheran dopo la sconfitta di Ahmadinejad. Sembra che Teheran abbia
trovato una soluzione meno dolorosa per il regime siriano, ma non meno dolorosa per
la Siria o per il popolo siriano. Dobbiamo aspettare, secondo me, qualche ora ancora
per capire dove stiano andando tutti attraverso i compromessi che si giocano dietro
le quinte.