Il Papa visita la casa dei Verbiti a Nemi dove soggiornò durante il Concilio: il Vangelo
è dinamismo e gioia
Mezz’ora per ritornare sui luoghi nei quali visse un’esperienza d’eccezione al tempo
del Vaticano II e ricordare che l'amore di Dio va annunciato con dinamismo e gioia.
Con questa intenzione, Benedetto XVI ha lasciato nella tarda mattinata di ieri la
residenza estiva di Castel Gandolfo per compiere una breve visita privata alla comunità
dei Padri Verbiti, situata nella vicina località di Nemi. Dopo l’incontro con i vertici
della Congregazione religiosa e un rapido scambio di saluti, il Pontefice ha fatto
rientro in auto a Castel Gandolfo. Il servizio di Alessandro De Carolis:
Avrebbe compiuto
38 anni di lì a poco, Joseph Ratzinger, una tra le menti giovani e brillanti convocate
a Roma nei primi mesi del 1965 per contribuire alla stesura delle ultime pagine del
Vaticano II. Quelle, in particolare, del Decreto Ad Gentes, che alla fine di
quello stesso anno avrebbe messo nero su bianco i nuovi principi dell’attività missionaria
della Chiesa. Diventato il Papa che tra pochi mesi darà massima solennità alle celebrazioni
per 50 anni dall’inizio del Concilio, Benedetto XVI ha voluto rivedere brevemente
il luogo in cui per una settimana – dal 29 marzo al 3 aprile 1965 – assieme a quattro
vescovi e cinque colleghi teologi soggiornò per stendere la bozza di uno dei quei
testi-cardine con i quali la Chiesa stava ridisegnando se stessa e il proprio futuro.
Di
fronte al folto gruppo di religiosi della Società del Verbo Divino, guidata dal superiore
generale padre Antonio Pernia e dal suo successore, padre Heinz Kulüke, da poco eletto
dal capitolo generale in corso e del procuratore generale, padre Giancarlo Girardi
– il Papa ha rievocato parlando a braccio quei giorni di 47 anni fa: dal contrasto
esterno tra il silenzio nel verde di Nemi e la frenesia di Roma a quello interno al
suo gruppo di lavoro, dominato dalla controversia “che io – ha ricordato con una certa
simpatia il Pontefice – non ho mai realmente capito tra la scuola di Lovanio e di
Münster" (ovvero, ha spiegato, “scopo principale della missione è la implantatio
Ecclesiae o l’annunzio Evangelii?)”. Aneddoti e frammenti di ricordi che
Benedetto XVI ha collocato come tessere di sfondo attorno al centro del quadro: l’opportunità
di aver collaborato – pur essendo “un teologo senza grande importanza, molto giovane,
invitato non so perché”, si è schermito – a “un incarico così importante e bello”.
L’elaborazione di un testo “quasi accettato unanimemente da tutti i Padri conciliari”:
“Tutto
convergeva in un unico dinamismo della necessità di portare la luce della Parola di
Dio, la luce dell’amore di Dio nel mondo e di dare una nuova gioia per questo annuncio
(...) Il bene che ha la necessità in sé di comunicarsi, di darsi: non può stare in
se stesso, la cosa buona, la bontà stessa essenzialmente è communicatio.
E questo già appare nel Mistero Trinitario, all’interno di Dio, e si diffonde nella
storia della salvezza e nella nostra necessità di dare ad altri il bene che abbiamo
ricevuto. Chiaramente il dinamismo missionario vive, e vive solo se c’è la gioia del
vangelo, se stiamo nell’esperienza del bene che viene da Dio e che deve e vuol comunicarsi”.
In
precedenza, Benedetto XVI si era soffermato in preghiera davanti al Santissimo Sacramento
nella cappella della casa dei Verbiti, dove lo attendevano i 150 partecipanti al Capitolo
generale, assieme ai membri della Curia generalizia di Roma. Quindi il congedo, al
termine di un momento che, pur nella sua stringatezza, ha lasciato nei religiosi,
ancora una volta, un’impressione di calore e di genuina amicizia da parte del Papa,
come conferma ai nostri microfoni il superiore generale dei Verbiti, padre Antonio
Pernia, contattato subito dopo la partenza del Papa:
R. - Ho salutato il
Papa, ringraziandolo per la visita specialmente perché si è trattato di una visita
molto amichevole, come una visita di famiglia. Tutti i membri del Capitolo, tutta
la gente che era qui era emozionata e impressionata anche dalla semplicità e dalla
spontaneità mostrate dal Santo Padre.
D. - Fin dall’inizio del Pontificato,
Benedetto XVI ha sempre dichiarato la sua totale adesione al Vaticano II e anche un
avvenimento all’apparenza piccolo come quello di questa mattina è un segno di questa
sintonia del Papa con il Concilio...
R. - Sì, certo. Io non ho dubbi che il
Papa si senta in sintonia con lo spirito del Concilio Vaticano II. Nel camminare e
conversare informalmente con il Santo Padre, che ha voluto vedere il Lago di Nemi,
egli ha espresso la speranza che questo spirito missionario, che il Concilio Vaticano
II ha mostrato, continui nella nostra Congregazione e anche nella Chiesa.
D.
- Il vostro Istituto è da oltre due settimane riunito in capitolo generale. Quali
temi vi stanno guidando e quali scenari pastorali stanno emergendo?
R. - Abbiamo
scelto come tema del capitolo un versetto del libro dell’Apocalisse, “Da ogni popolo,
lingua e nazione: condividere la vita e la missione interculturali”. Cioè, in questo
Capitolo abbiamo deciso di concentrarci sulla questione della nostra interculturalità
- come Congregazione - ma anche sulla multiculturalità del mondo di oggi. Su quali
siano quindi le necessità missionarie che un mondo multiculturale pone a una Congregazione
che è multiculturale essa stessa.