Al Senato il decreto sulla spending review. Becchetti: sacrifici inutili se non si
interviene sui mercati
In Italia comincia oggi al Senato l’esame del decreto legge sulla revisione della
spesa pubblica, che dovrebbe essere approvato entro il prossimo 3 agosto. Le misure
principali riguardano la pubblica amministrazione. Per gli statali in esubero, oltre
24 mila tra cui 8 mila pensionabili, potrebbe scattare il meccanismo della mobilità
lunga, con il 60% effettivo dello stipendio per 48 mesi. Si tratta di provvedimenti
epocali, come sottolinea al microfono di Amedeo Lomonaco il prof. Leonardo
Becchetti, docente di economia Politica all'Università Tor Vergata:
R. – Molti avevano
invocato parità di condizioni tra settore pubblico e settore privato. Il governo ha
dimostrato di violare anche questo ultimo tabù. E’ molto importante che in un momento
difficile come questo ci sia una equa ripartizione degli oneri. Credo, però, che ancora
non sia stato fatto abbastanza per toccare il settore che ha causato la crisi. Parlo
in particolare dei mercati finanziari. Continuiamo timidamente a ragionare su una
tassa sulle transazioni, ma la sua applicazione ancora è lontana. Il luogo fondamentale
dove bisognava intervenire fin dall’inizio è quello appunto dell’alta finanza. Ancora
oggi i governi sono tutti timidamente d’accordo nel fatto che bisogna farlo, ma non
stanno riuscendo ad incidere come dovrebbero.
D. - Il premier Mario Monti ha
affermato che dichiarazioni come quelle del presidente di Confindustria Giorgio Squinzi
- che riferendosi alla spending review aveva parlato di 'macelleria sociale' - fanno
aumentare i tassi e anche lo spread. E lo spread, effettivamente, è tornato a salire…
R.
– Sono d’accordo col premier sul fatto che chi ha responsabilità istituzionali, soprattutto
in questo momento, deve moderare le parole e tenere conto degli effetti che queste
parole hanno sui mercati finanziari. Dall’altra parte, però, penso che bisogna intervenire
in maniera più decisa sui mercati finanziari, altrimenti tutto quello che stiamo facendo
è come portare acqua con un secchio bucato. I guadagni che stiamo ottenendo con sacrifici
durissimi, in termini di spending review, rischiano di essere vanificati dagli aumenti
di costo del debito che si manifesterebbero attraverso l’aumento degli spread.
D.
– Sono previsti tagli nei settori della scuola, della giustizia, della sanità. Sperando
che questi tagli non siano vani, per il sistema Italia sono provvedimenti sostenibili?
R.
– Intanto bisogna dire che la spesa pubblica in Italia - se togliamo la spesa per
interessi che è molto alta perché il debito è alto - è inferiore a quella di quasi
tutti gli altri Paesi europei che è intorno al 32 per cento. In Inghilterra e in Irlanda
siamo al 40 per cento. Quindi in realtà noi non abbiamo una spesa pubblica fuori controllo.
Il nostro è un problema assolutamente finanziario. Dipende dal debito accumulato in
passato. Quello che è certo è che se tagliamo solo la spesa e questi tagli di spesa
non ci servono per ridurre le tasse - che è il provvedimento che darebbe una boccata
d’ossigeno ai nostri cittadini - e se le riduzioni di spesa non sono accompagnate
da riduzioni di tasse, sicuramente queste misure non determinano effetti espansivi
ma rischiano di determinare effetti recessivi. Finora siamo riusciti solo ad evitare
aumenti ulteriori di tasse ma non a ridurre le tasse sul lavoro e sui consumi. Ecco
perché c’è bisogno di un intervento eccezionale sui mercati finanziari per ridurre
questo livello di spread che è eccezionale. Giustamente il premier Monti ha detto
che gli spread veri dell’Italia non dovrebbero essere più di 200 punti. Quindi tutto
quello che è in più è in eccesso per la speculazione, eccesso dei timori dei mercati.
Bisogna intervenire in maniera straordinaria su quell’eccesso di spread, altrimenti
tutti i sacrifici che stiamo facendo rischiano di essere inutili.