2012-07-08 14:48:38

Elezioni in Libia: liberali sarebbero in vantaggio, Obama si congratula per la prova di democrazia


E’ stata del 66% l’affluenza alle urne per le elezioni in Libia, le prime dal 1965. Secondo la commissione elettorale hanno votato 1,7 milioni di elettori su quasi tre milioni degli aventi diritto. Tensioni si sono registrate in Cirenaica, dove un uomo è stato ucciso ed un altro è rimasto ferito e Bengasi, cuore della rivolta contro Gheddafi. Iliberali di Maḥmūd Jibrīl si dichiarano in vantaggio nella maggior parte delle regioni, ma la commissione elettorale ancora non ha fornito dati ufficiali. Congratulazioni da parte del presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, che parla di "un’altra pietra miliare nella loro straordinaria transizione verso la democrazia". Ma come si vive a Tripoli il clima delle elezioni? Michele Raviart lo ha chiesto a Cristiano Tinazzi, giornalista freelance che si trova nella capitale libica:RealAudioMP3

R. – Il clima che si respira è quello di un “dopo elezioni” festante, con migliaia di persone radunate nell’ex Piazza Verde, ora Piazza dei Martiri. Si attendono comunque ancora dei risultati. Ieri sera, l’Alta Commissione elettorale ha parlato soltanto della percentuale dei seggi aperti, che era intorno al 94 per cento. Ci sono stati vari problemi, soprattutto nell’Est, ma anche nel Sud del Paese, dove non è arrivato il materiale elettorale, per cui alcuni seggi non sono stati aperti; anche sulle montagne il materiale è arrivato solo alle 19.30, per cui decine di migliaia di persone non hanno potuto votare. L’atmosfera comunque è festante, la gente è contenta e tanti dicono di avere votato Maḥmūd Jibrīl.

D. – Il Partito Liberale, l’erede del Consiglio Nazionale di transizione, si dichiara in vantaggio nella maggior parte delle regioni. Quali sono le forze in campo e sono espressione di quale interesse?

R. – Le principali forze in campo sono: la coalizione di 58 partiti, guidata da Maḥmūd Jibrīl; poi c’è il partito Ouattan, di Abdelhakim Belhadj, ex comandante militare di Tripoli, che comunque nella capitale ha un forte seguito; e c’è l’incognita dei Fratelli Musulmani, dei quali non si sa quale sarà l’entità del risultato, anche se loro avevano detto, anche abbastanza sfrontatamente, che a Tripoli avrebbero preso intorno al 30-35 per cento. Per quanto riguarda la formazione di Abdelhakim Belhadj, molti puntano il dito verso il Qatar, dicendo appunto che il partito è finanziato illecitamente dai Paesi del Golfo. Queste sono le dicerie che si mettono in giro, ma non c’è niente di certo. L’unico dato di fatto è che il partito di Belhadj, Ouattan ha comprato un ex centro commerciale, che era il più grande di Tripoli, e l’ha trasformato nella sede del suo partito, una sede di sette piani, la più grande che ci sia in tutta la Libia. Di certo gli interessi nazionali sono portati da Jibrīl, che comunque è un uomo di fiducia, un uomo che si apre verso l’Occidente, un uomo che vuol rendere la Libia un Paese aperto al commercio estero, al turismo.

D. – Come vivono le elezioni i gruppi che sono ancora legati al vecchio regime, a Gheddafi?

R. – Proprio ieri sono stato nel quartiere di Abu Salim, che era la roccaforte gheddafiana di Tripoli. In quel quartiere l’affluenza al voto è stata leggermente inferiore rispetto alla media della capitale: intorno al 17-18 per cento, nel pomeriggio, mentre nel resto della capitale è stato del 20-25 per cento. Molte persone, interpellate, erano indecise se andare a votare o meno.

D. – Ci sono stati malcontenti per la divisione dei seggi: 100 alla Tripolitania, ad Ovest; 60 alla Cirenaica; 40 al Fezzan a Sud. Gli indipendentisti sono un pericolo?

R. – Potrebbero destabilizzare il Paese, se poi legati ad altre persone che non vogliono che questo Paese vada verso un completo sviluppo democratico. Gli autonomisti hanno una buona influenza per quanto riguarda la Cirenaica. La Cirenaica è sempre stata bistrattata da Gheddafi, che ha favorito la Tripolitania; è sempre stata ribelle nei confronti del potere centrale. Le istanze autonomiste, comunque, sono sentite come una sorta di rivalsa, dopo decenni e decenni di abusi, anche territoriali, e di sfruttamento.

D. – Un anno fa la Libia era in guerra, ora Obama si congratula con il popolo libico per i risultati raggiunti. A che punto è la strada per la democrazia?

R. – Di certo sarà una lunga strada questa verso la democrazia, perché comunque non tutti quelli che si sono iscritti sono andati a votare. In diverse zone del Paese non si è potuto votare. C’è chiaramente il fenomeno della compravendita dei voti, soprattutto per quanto riguarda le liste indipendenti. Si scommetteva sull’esito favorevole o meno di un’operazione elettorale di questo livello in tutto il Paese. Le aspettative ci sono tutte. I libici sperano che questo sia soltanto il primo passo verso la democrazia.







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