Mons. Tomasi: minoranze cristiane minacciate nel mondo, in Occidente attacchi sofisticati
contro la libertà religiosa
Si è conclusa venerdì scorso a Ginevra, in Svizzera, la 20.ma sessione del Consiglio
Onu dei Diritti Umani. Tanti gli argomenti affrontati. La Santa Sede è stata rappresentata
dall’osservatore permanente presso l’Ufficio Onu della città elvetica, mons. Silvano
Maria Tomasi. Il presule ha denunciato, in particolare, le crescenti violenze
anticristiane nel mondo. Sergio Centofanti lo ha intervistato:
R. – Il Consiglio
dei diritti umani, in questa 20.ma sessione, ha trattato temi molto caldi. La preoccupazione
che ha espresso, attraverso le risoluzioni adottate, indica che c’è ancora molta strada
da fare. Si è parlato in particolare di Paesi che hanno una violazione sistematica
dei diritti umani, secondo i rapporti degli esperti e dell’Alto Commissario per i
diritti umani delle Nazioni Unite. Un tema che la Santa Sede da sempre porta avanti
è quello della libertà religiosa, vedendo che in vari Paesi ci sono violenze contro
gruppi religiosi. Abbiamo avuto dei casi molto eclatanti in Nigeria, in Kenya, in
altre parti del mondo, dove credenti - soprattutto cristiani - mentre pregano sono
attaccati con bombe o violenze, che lasciano sul terreno decine e decine di morti.
Quindi, preoccupato di questa situazione, di questa recrudescenza della violenza contro
le comunità religiose - specialmente le minoranze religiose cristiane - io sono intervenuto
ancora una volta, dicendo appunto che se si rispetta la libertà di espressione, di
religione, le convinzioni più profonde del popolo di un Paese, anche gli altri diritti
umani vengono rispettati. C’è, inoltre, una correlazione, un legame tra il rispetto
dei diritti umani e la possibilità della libertà religiosa in particolare e la possibilità
di vivere assieme pacificamente e, quindi, nei Paesi in via di sviluppo, soprattutto,
di facilitare il progresso del Paese e fare in modo che le forze sane e creative di
una popolazione siano messe a disposizione del bene comune e non incanalate verso
attività di conflitto e di odio, che portano solo morte e distruzione. Per questi
motivi, argomentando appunto che la libertà di religione è sempre più evidente essere
un diritto al centro e al fondamento di tutti i diritti umani, la comunità internazionale
ha una responsabilità: di creare una mentalità che rispetti questa libertà e provveda
ai meccanismi e alle misure che, di fatto, in concreto, la possano attuare e fare
rispettare.
D. – Oggi non ci sono solo persecuzioni, ma anche pericolose limitazioni,
pensiamo all’emblematico caso degli Stati Uniti, dove i vescovi hanno lanciato una
campagna a difesa dell’obiezione di coscienza, oggi seriamente minacciata...
R.
– Nel mondo occidentale l’atteggiamento verso la religione non si esprime attraverso
una violenza fisica, ma attraverso meccanismi che sono molto più sofisticati e con
modi che entrano poi nella legislazione di un Paese cercando di imporre una filosofia
laica, che di fatto non è neutra - lasciando spazio, dicono, a tutte le espressioni
culturali, religiose, di convinzioni anche di non credenti - ma impone uno stile di
vita e un modo di pensare che lascia poco spazio alle convinzioni religiose. Davanti
a questa realtà è importante che la comunità internazionale, soprattutto le comunità
dei credenti – la comunità cristiana in particolare – prendano le loro responsabilità
e facciano davvero comprendere che la libertà vera implica una possibilità concreta
di esercitare non solo il culto, la preghiera a livello individuale, ma di poter partecipare
collettivamente alla vita della società, attraverso opere sociali e attraverso la
libertà di dire le proprie convinzioni e i propri valori facendo in modo che anche
questi possano essere parte del bene comune.