2012-07-07 20:37:33

Alta l'affluenza al voto in Libia: entusiasmo a Tripoli e disordini a Bengasi


In Libia, qualche arresto e un centinaio di seggi rimasti chiusi per atti di sabotaggio nella parte orientale del Paese, ma nel complesso le operazioni di voto si sono svolte regolarmente e hanno visto una grande partecipazione. Due milioni e 700 mila i cittadini iscritti a votare per eleggere i 200 membri del Congresso Generale Nazionale, che avrà il compito di nominare il governo e il nuovo premier. Ci riferisce da Tripoli, Cristiano Tinazzi RealAudioMP3
Libia al voto tra felicità e incertezze. Queste le prime impressioni raccolte a Tripoli, dove alle 10 del mattino si registrava già una buona affluenza con alcuni seggi nella zona centrale della capitale che sfioravano il 25 per cento dei votanti. Mentre nei quartieri filo-gheddafiani come Abu Salim l’affluenza era intorno al 18 per cento. Ed è proprio in posti come questi che in diversi rimangono indecisi sull’utilità di votare o meno. Ma il resto della città è percorso da caroselli di macchine e gente festante che si va a concentrare in Piazza dei Martiri. Una situazione di relativa calma e tranquillità anche se la presenza dei miliziani e dell’esercito è stata pesantemente rafforzata sulle strade per timore di attentati. Una situazione festante, quella della capitale, che fa però da contraltare alle notizie in parte negative che arrivano dall’est del Paese, dove si registrano casi di attacchi contro sedi elettorali a Bengasi e lo stop al voto nella città di Brega dove ignoti hanno dato fuoco a depositi del materiale elettorale. Ma la partecipazione al voto nonostante tutto pare essere comunque molto significativa. Di affluenza alta ha infatti parlato in una conferenza stampa a Tripoli, senza fare cifre, anche il presidente dell’Alta commissione elettorale, Nuri al-Abbar, e si conferma che il 94 per cento dei seggi è comunque aperto. Il testa a testa, almeno a Tripoli, sembra essere tra Al Watan il partito di Abdelhakim Belhadj, l’ex comandante militare di Tripoli, e l’alleanza delle forze nazionali di Mahmoud Jibril.
Sull'importante evento di oggi in Libia Adriana Masotti ha sentito mons. Giovanni Innocenzo Martinelli, vicario apostolico di Tripoli:RealAudioMP3

R. - E' difficile dire una parola certa per questa nuova realtà che si propone alla società libica. Una cosa è sicura: i libici si sono preparati con molto entusiasmo e certamente, anche con molta preoccupazione. Aspettano veramente qualche risultato concreto che possa essere la vita nuova del Paese.

D. - Il compito dell’Assemblea nazionale libica che uscirà dal voto, sarà nominare il nuovo governo e poi la nuova Costituzione. Che cosa, secondo lei, dovrebbe garantire principalmente questa nuova Costituzione nella Libia di oggi?

R. - Penso che innanzi tutto quello che si vuole, e quello che i libici vogliano, sia una certa sicurezza; sicurezza nel Paese e poi un clima più sereno e quindi di scelte per il programma del governo. È una cosa non facile, anche perché è la prima volta. Tutti vorrebbero la sicurezza, ma non tutti sono disponibili forse a dare quello che dovrebbero dare. Io ho fiducia che, in questa realtà nuova che si presenta, qualche cosa di positivo verrà fuori anche da queste elezioni e da queste decisioni dei libici.

D. – Lo dice Amnesty International in un recente rapporto, e molti lo sostengono, che il rispetto dei diritti umani e il primato della legge, dovrebbero essere le priorità di chi vince queste elezioni. A che punto siamo oggi su questo in Libia?

R. - Credo che c’è tutta la volontà di arrivare a questa decisione concreta del rispetto dei diritti dell’uomo. Prima il leader faceva tutto: la legge era nelle sue mani, e la legge era lui. Oggi ci si accorge come realmente le cose vanno evolvendosi, e la prima cosa forse da mettere in evidenza è il rispetto di tutte le entità che sono in Libia, non soltanto le persone, ma anche le diverse entità nelle diverse zone della Libia. Se vogliamo la libertà e anche una pace, occorre garantire a tutte queste realtà proprio la libertà di espressione e di vita. Mi riferisco in particolare a quanti hanno avuto un ruolo anche in questa liberazione della Libia. Quindi questa possibilità di dare a tutti anche il respiro è necessaria in questo nuovo contesto sociale.

D. - Per i cristiani presenti in Libia, c’è qualche preoccupazione in più?

R. - I cristiani in pratica sono tutti stranieri. Quindi io mi auguro che la situazione nuova non presenti sorprese. Fino ad adesso possiamo dire che la Chiesa è stata accettata, rispettata e i cristiani, in qualsiasi parte si trovano, hanno la possibilità di esprimere, realizzare la propria fede. Pensiamo ad esempio alle diverse unità, ai diversi gruppi, soprattutto filippini che lavorano nel deserto, oppure lungo la costa nei diversi ospedali; sono persone che sicuramente prestano un servizio importante al Paese e quindi viene assicurata loro la possibilità di avere un servizio religioso necessario. Ripeto, sono soprattutto filippini, ma anche coloro che lavorano negli ospedali, quelli che richiedono maggiormente un servizio religioso. Ma penso all’eventuale ritorno delle compagnie straniere: ci sarà tanta altra gente nei diversi cantieri, che avrà bisogno e richiederà una presenza sacerdotale e una presenza di servizio pastorale.







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