Il Papa invita a pregare per i volontari cristiani: siano testimoni della carità di
Cristo nei territori di missione
Pregare “perché i volontari cristiani, presenti nei territori di missione, sappiano
dare testimonianza della carità di Cristo”. Questa l’intenzione di preghiera missionaria
di Benedetto XVI per il mese di luglio. Ma cosa vuol dire essere un volontario cristiano
nei territori di missione? Michele Raviart lo ha chiesto a Riccardo Giannotta,
responsabile dei progetti del Vis, legati al mondo salesiano, e volontario in Kosovo
e in Sri Lanka:
R. – Il primo
impegno del volontario missionario è quello di portare una testimonianza, una testimonianza
di solidarietà, che supera l’aiuto concreto, che è investita di un ruolo e di uno
spendersi per un anno o due. Noi garantiamo un volontariato di un certo periodo proprio
per riuscire a compiere un servizio e un aiuto che abbia un inizio e una fine, in
un contesto specifico, e quindi essere una testimonianza del valore della solidarietà,
dell’aiuto e della carità cristiana.
D. – In quali Paesi operate come Vis e
quali progetti portate avanti?
R. – Noi operiamo in circa 40 Paesi nel mondo.
Quindi, copriamo sia l’America Latina che l’Africa, l’Asia e i Caraibi. Siamo molto
diffusi, perché ovviamente le missioni salesiane sono molto diffuse nel mondo. Prevalentemente
i nostri progetti sono in ambito educativo e formativo, perché chiaramente il carisma
di don Bosco, il carisma dei salesiani, mette sempre in primo piano l’educazione e
la formazione. Noi crediamo che attraverso l’educazione e la formazione si possa veramente
aiutare le giovani generazioni a divenire padrone del proprio sviluppo e del proprio
futuro.
D. – Come viene accolta la missione cristiana in questi Paesi?
D.
– Chiaramente, laddove c’è un forte radicamento della presenza cristiana, tutto ciò
viene accolto con molta facilità. Laddove invece – faccio l’esempio del Pakistan –
i cristiani sono una minoranza, lì la sfida è una sfida diversa, perché si deve riuscire
comunque a far passare una testimonianza, che potrebbe essere vista con ostilità.
Devo dire, avendo seguito direttamente gli interventi che stiamo facendo in Pakistan,
anche dopo l’alluvione dell’agosto 2010, che attraverso il lavoro dei missionari che
sono lì, degli operatori che sono sul campo, ho visto cambiare l’atteggiamento delle
persone, da un primo atteggiamento di diffidenza in un atteggiamento di estrema accoglienza,
perché l’aiuto che veniva dato era un aiuto assolutamente trasversale. Questo ha colpito
enormemente la popolazione e ha messo sotto una luce completamente diversa la piccola
comunità cristiana del Paese.
D. – Il Papa ha ricordato l’importanza di dare
testimonianza della carità di Cristo. Come si traduce questo intento sul campo? Come
lo interpretate?
R. – Lo interpretiamo attraverso lo spirito di servizio, cioè
dedicare due o tre anni della propria vita a servizio degli altri. La sfida grande
però è che si vuole offrire a queste persone, che offrono questa testimonianza, la
possibilità poi di riportare la propria crescita anche all’interno del Paese di appartenenza
e quindi riuscire ad arricchire la società civile dello stesso Paese, impregnandola
di valori che si sono accresciuti o consolidati con queste esperienze di volontariato
nelle missioni, all’interno dei progetti del Vis.