Attesa per lo storico voto di domani in Libia. Favoriti i Fratelli Musulmani
Vigilia di elezioni in Libia, le prime dopo la caduta di Gheddafi. Molte le incognite
sulle consultazioni dominate dalle difficoltà di organizzare la macchina elettorale
e dai malumori di molte regioni del Paese che non hanno gradito la ripartizione dei
seggi della futura Assemblea Costituente. I 200 eletti, scelti da quasi tre milioni
di cittadini, dovranno redigere e approvare la nuova Costituzione. A vigilare sul
voto un team di osservatori internazionali, preoccupati dalla crescente insicurezza
nel Paese. Le forze dell’ordine da tempo non riescono a fronteggiare le violazioni
commesse dalle milizie armate. Tra i favoriti spicca il partito di "Giustizia e Sviluppo",
ramo politico della Fratellanza Musulmana. Sarà una vittoria scontata? Risponde Renzo
Guolo, docente di Sociologia delle Religioni presso l'Università di Padova. L’intervista
è di Benedetta Capelli:
R. – Diciamo
che è probabile, se non altro perché la Fratellanza, in Libia come altrove, è storicamente
una delle formazioni più organizzate e radicate da lungo tempo, e il suo statuto di
essere insieme confraternita religiosa e partito politico la favorisce. Questo, infatti,
le ha permesso anche negli anni della clandestinità di mantenere una certa forza.
Si tratterà di capire se riuscirà a vincere "in solitaria", com’è accaduto altrove,oppure
no. Dipende dai numeri.
D. – L’assemblea costituente dovrà redigere la Costituzione.
Si discute molto sulla sharia come unica fonte del diritto...
R. – E’ un dibattito
in corso. Vi è un’ala - chiamiamola moderata - che guarda di più all’esperienza dell’Akp
turco,sia in Ennada tunisinama anche nei Fratelli Musulmani,
in qualche modo, non si ritiene la sharia l’unica fonte del diritto o comunque un
elemento coercitivo. Certo quando parliamo di Fratellanza, parliamo di atteggiamenti
e di correnti che sono estremamente diversificati al loro interno. Per ora vincitrice
pare l’anima pragmatica, quindi disposta ad affermazioni di principio forti ma poi
pronta, per esempio, a collaborare con altre forze di diversa matrice nel governo
quotidiano. Il caso libico è un po’ diverso, perché le formazioni sono molto radicate
e radicalizzate, anche perché la repressione del colonnello Gheddafi è stata durissima.
Come altrove, i Fratelli Musulmani si trovano però a scontare la concorrenza di un’ala
salafita, addirittura nel caso libico, come Ouattan, ossia di un’ala ex jihadista
che formalmente ha rinunciato alla lotta armata – hanno combattuto soprattutto nel
vicino Afghanistan – e che si è detta disposta a mettersi nel gioco della democrazia.
Questo è un grande passo avanti, se pensiamo che solo qualche anno fa, loro ritenevano
idolatria la sola partecipazione alla competizione elettorale.
D. – Che appuntamento
sarà quello di domani?
R. – E' un appuntamento importante, ma si tratterà di
capire soprattutto se questo potere riceverà una legittimazione capace anche di mettere
ordine. Le varie fazioni tribali, le varie fazioni cittadine che si sono combattute,
anche in questi mesi, a volte persino a colpi di kalashnikov tra loro, rendono la
situazione molto instabile. In più vi è il grandissimo problema, mai risolto, del
rapporto centro-periferia tra Tripolitania e Cirenaica. Anche in questa occasione
gli elementi della Cirenaica, da dove è partita la rivolta, si lamentano che, per
effetti dei collegi elettorali, il peso dei tripolitani sarebbe maggiore. Quindi,
questa è un’annosa questione, che si ripercuote da sempre e che va risolta pena l’esplosione
di un nuovo conflitto tra le diverse aree geografiche del Paese.
D. – Ad oggi
molti Paesi investiti dalla cosiddetta "Primavera Araba" sono andati alle urne. Che
bilancio si può fare? Sono cambiati un po’ gli equilibri in quella regione?
R.
– Sicuramente noi abbiamo visto la vittoria di un clan politico, ma questo era anche
abbastanza scontato. Sostanzialmente le due grandi forze in campo, al di là dei promotori
delle rivolte, erano quelle dei militari, gli eredi dei regimi nazionalisti, e i Fratelli
Musulmani o le formazioni islamiste, che non sono solo partiti politici ma anche espressioni
di organizzazioni religiose. Fanno riferimento ad un codice culturale condiviso, comprensibile
a una larga parte della popolazione, di cui una parte non è istruita, e che comprende
meglio i codici molto semplici, trasmissibili simbolicamente. Il peso dell’Islam in
questi Paesi è evidente così come la sua influenza in termini elettorali. Si tratterà,
appunto, di vedere finalmente questi partiti islamisti alla prova del governo. Anche
questi Paesi sono dentro al meccanismo dei flussi globali dell’economia, per esempio.
Quindi, come affronteranno questi temi, ci dirà molto anche del futuro di questi Paesi.
Il grande problema è invece il tema dei diritti umani, sia per quanto riguarda la
libertà religiosa sia per quanto riguarda la questione delle cosiddette minoranze
religiose, a partire da quelle cristiane, sia per quanto riguarda i diritti delle
donne. Su questo misureremo davvero quanto di nuovo c’è in questo corso inaugurato
dalla "Primavera Araba".