Siria, Assad ammette "errori" nella gestione della crisi, ma rivendica l'appoggio
popolare
In Siria, secondo fonti dell’opposizione sono almeno 13 i morti nelle violenze in
varie parti del Paese, mentre per la prima volta, in un intervista ad un quotidiano
turco, Bashar el-Assad ha ammesso alcuni “errori” nella gestione della crisi, pur
denunciando ingerenze straniere e rivendicando di avere comunque “l’appoggio del popolo”.
Intanto, la Cina ha fatto sapere che non parteciperà alla Conferenza degli “amici
della Siria” prevista per domani a Parigi, a cui prenderanno parte un centinaio di
Paesi occidentali e arabi, e gruppi d’opposizione. Il ministro degli Esteri italiano
Giulio Terzi, in un’intervista a “Panorama”, ha dichiarato che “il conto alla rovescia”
per Assad “è iniziato”, pur parlando di un “ritardo” della comunità internazionale.
Davide Maggiore ne ha parlato con Marcella Emiliani, esperta di Medio
Oriente:
R. - La comunità
internazionale fino ad ora non si è mossa in maniera né veloce né efficace. Certamente
però il regime di Bashar al Assad è ormai alle corde. A questo punto bisogna giocarla
tutta sul cercare di far scendere la febbre della guerra civile e questo significa,
che ci piaccia o meno, salvare un pezzo del regime, offrirgli garanzie, in maniera
tale da convincerlo ad andarsene.
D. - Il ministro Terzi ha parlato di una
soluzione diplomatica simile a quella libanese per la crisi siriana. E’ un’opzione
praticabile?
R. – Sì, sarebbe una soluzione praticabile se naturalmente ci
fosse qualcuno disposto a garantire per Bashar al Assad, garantire a lui, alla sua
famiglia e a una cerchia ristretta di suoi accoliti, una forma di ricovero, salvezza;
per ora pochi Paesi si sono offerti di accoglierlo e lui comunque non ha accettato.
D.
– L’ultimo Paese a rifiutare questa possibilità di asilo politico per Assad è stata
la Russia: che posizione ha in questo momento Mosca?
R. - Diciamo che la posizione
di Mosca si è addolcita, non ammette un intervento militare esterno che l’Occidente
non aveva comunque alcuna intenzione di fare, e vuole assolutamente avere voce in
capitolo, perlomeno sulla transizione. Per questo corre un po’ sul filo del rasoio.
Rifiuta di ricevere Assad in casa propria perché se facesse un’offerta di questo genere
è evidente che ammetterebbe che il regime di Bashar al Assad sta crollando e questo
ufficialmente non lo farà mai. Però non è da escludere che sia anche disponibile a
riceverlo, come non è da escludere che Assad possa trovare rifugio nel vicino Iran
che è il suo unico alleato in Medio Oriente.
D. – In questo contesto come può
essere definito il ruolo della Cina?
R. – La Cina cerca di sfruttare tutte
le congiunture per trarne un qualche vantaggio, la Siria è un Paese chiave per quel
che riguarda tutte le vie di snodo del Medio Oriente. Quindi la Cina finché la situazione
non cambia drammaticamente sul terreno segue quelli che sono i suoi interessi immediati,
che la portano a sostenere questo regime.
D. – A proposito della situazione
sul terreno, continuano anche le diserzioni nell’esercito regolare fedele al presidente
in carica. La fine della crisi potrebbe essere quella di un Assad abbandonato anche
dei fedelissimi?
R. – Qui stiamo parlando dei generali dell’esercito. Non è
l’esercito il principale punto d’appoggio di Bashar al Assad, sono le teste di cuoio,
i vari servizi di sicurezza. Comunque mi sembra che ormai in Turchia si siano rifugiati
circa 14 generali, il numero è impressionante. E’ evidente che quando le Forze armate
cominciano a disertare la situazione si fa davvero critica. Quello che sia Mosca sia
Bashar al Assad fino a un certo punto hanno tentato di fare è di impedire che la crisi
si internazionalizzasse. Bashar al Assad da un certo punto in poi ha ritenuto invece
di puntare su uno scontro esterno al Paese per distrarre la comunità internazionale
dal disastro interno e ormai questa è oggettivamente una crisi internazionalizzata.
E’ coinvolta la Turchia, è coinvolto l’Iran, si è creato il club degli “Amici della
Siria”, ci sono continui scontri al Consiglio di sicurezza dell’Onu, bisogna però
che non scatti un atto bellico vero e proprio da parte della Siria nei confronti di
Paesi, non come la Turchia che debole non è, ma per esempio che non cerchi di esportare
la conflittualità in un Paese che invece è debolissimo come il Libano.