Rapporto Aifa: sempre più alto in Italia il consumo di antidepressivi tra donne e
anziani
In Italia il consumo di antidepressivi nell'ultimo decennio "è cresciuto in maniera
drammatica", soprattutto tra le donne e gli anziani, tanto che il 15% degli over 75
ne fa uso. E' l'allarme lanciato dall'Aifa, l’Agenzia del Farmaco, durante la presentazione,
oggi a Roma, del rapporto sul consumo di farmaci nel Paese. Nel 2011 il mercato farmaceutico
totale è stato pari a 26,3 miliardi di euro, di cui tre quarti rimborsati dal Servizio
Sanitario Nazionale che risparmia il 4,6% rispetto all’anno precedente. Ma qual è
oggi il rapporto degli italiani con i medicinali? Salvatore Sabatino lo ha
chiesto a Luca Pani, direttore generale dell’Aifa:
R. - Il rapporto
degli italiani con i medicinali sta maturando, ha bisogno ancora di un po’ di strada
per diventare completamente maturo; non a caso noi col decreto liberalizzazioni, dietro
indirizzo del governo e del Ministero della Salute, abbiamo spostato alcuni farmaci
in automedicazione perché il rapporto di maturità del cittadino verso i farmaci sta
migliorando. C’è ancora strada da fare perché bisogna stare attenti alla propria appropriatezza
prescrittiva sia da parte del medico come tutti raccomandano ma anche da parte dei
pazienti. Anche i pazienti devono pensare che sono una parte di questa appropriatezza
prescrittiva. Non si può demandare completamente sempre ai farmaci la cura di determinate
patologie o almeno non solo; c’è anche il bisogno di intervenire con stili di vita
attenti, ordinati, che consentano al farmaco di funzionare meglio e di aver meno effetti
collaterali. Il contesto della salute umana e il controllo della protezione della
salute umana sono inseriti in un’ipotesi globale. Non può essere soltanto il farmaco
il responsabile del miglioramento della salute.
D. - Quindi non solo cura ma
puntare molto anche sulla prevenzione…
R. - Prevenzione e stili di vita. Non
posso pensare di dovermi curare la pressione alta se continuo a mettere un chilo di
sale ogni volta in tutto quello che mangio; sarebbe meglio iniziare a fare una dieta
iposodica, con poco sodio, una dieta per perdere chili e vedere se magari diminuisce
la pressione. Tutto questo è il farmaco con cui diminuisco la pressione.
D.
- In un momento di forte crisi come è possibile arrivare al giusto punto tra taglio
della spesa farmaceutica e garanzia per i cittadini dal punto di vista dei farmaci?
R.
– La spesa farmaceutica va analizzata. Bisogna fare tagli che, se sono necessari perché
il governo ci dice che quelle sono le risorse che noi abbiamo, ci diano modo di scegliere
tra l’armamentario di farmaci che noi abbiamo, quelli che consentono ai cittadini
di avere sempre assicurato un livello essenziale di assistenza farmacologica che è
quello che fino ad oggi il nostro Paese ha dato egregiamente.
D. - A proposito
degli antidepressivi ci sono stati giorni fa notizie abbastanza allarmanti legate
all’uso degli antidepressivi che aumentano proprio in periodo di crisi…
R.
- Nonostante la tendenza all’uso degli antidepressivi, all’uso delle terapie psicofarmacologiche,
esploda in certi periodi dell’anno questa è comunque una categoria, la malattia depressiva,
le malattie psichiatriche, che di solito globalmente sono malattie poco curate perché
c'è una vergogna ancora molto alta. In generale l’uso di antidepressivi, di psicofarmaci
- non sono solo antidepressivi, sono spesso anche ansiolitici o ipnotici per dormire
meglio -, aumenta nei periodi di crisi mentre nei periodi di gravissima crisi, come
le guerre, le malattie molto gravi come la depressione suicidaria e il suicidio diminuiscono.
Quindi ci sono dati che fanno riflettere sulla percezione della crisi, sui disturbi
sintomatici della crisi. Sto pensando per esempio alla difficoltà di andare a dormire,
di concentrazione, stanchezza: sono sintomi neurovegetativi, psicosomatici, usando
un termine un po’ abusato; quelli sicuramente aumentano nei periodi di crisi perché
c’è l’incertezza del futuro.