Pakistan: bruciato vivo un uomo accusato di blasfemia. La preoccupazione dei vescovi
Ghulam Abbas, un uomo accusato di blasfemia è stato bruciato vivo da una folla inferocita
di islamisti radicali all’esterno della stazione di polizia di Chani Ghoth, nell’area
della cittadina di Bahawalpur, nella provincia del Punjab. Come confermano fonti locali
all'agenzia Fides, l’uomo, probabilmente un disabile mentale di religione musulmana,
era stato arrestato alcuni giorni fa in seguito a una denuncia di presunta blasfemia,
con l’accusa di aver bruciato pagine del Corano. Alcuni leader religiosi locali hanno
aizzato la folla che ieri si è riversata in strada ed ha poi fatto irruzione negli
uffici della polizia, ferendo circa 15 agenti. I radicali hanno forzato la porta della
cella, tirato fuori il prigioniero, lo hanno cosparso di benzina e bruciato vivo.
Anche alcuni veicoli della polizia sono stati dati alle fiamme, in una rivolta che
è durata circa due ore. L’episodio ha scosso fortemente la società civile pakistana,
riportando a galla la annosa questione dell’abuso della legge sulla blasfemia. Peter
Jacob, Segretario esecutivo della Commissione “Giustizia e Pace” della Conferenza
episcopale del Pakistan, ha dichiarato a Fides: “Stiamo verificando i fatti e le circostanze
di un episodio così grave e inaudito. E’ un fatto davvero esecrabile. La violenza
è aumentata, anche quella che prende come pretesto la religione. Eliminare una vita
umana, tantopiù in modo extragiudiziale, è sempre inaccettabile. A preoccuparci sono
l’impunità, l’illegalità, la libertà di quanti possono farsi giustizia da soli, uccidendo
impunemente. Le istituzioni, come il Parlamento e la Magistratura, devono fare la
loro parte. Chiediamo una maggiore attenzione del nuovo Primo Ministro perché non
si abbassi la guardia sul rispetto dei diritti umani in Pakistan”. La Commissione
riferisce che, nel 2012, due musulmani e un cristiano sono stati uccisi in via extragiudiziale,
per accuse di blasfemia. Altre Ong, come “Masihi Foundation” e “Life for All”, hanno
fortemente condannato l'accaduto come “atto barbarico e disumano”. In una nota inviata
a Fides, ribadiscono che “si abusa della legge sulla blasfemia” e invitano le autorità
ad agire “contro l'illegalità e la brutalità”, perché “nessuno è al di sopra della
legge”. Le Ong chiedono l’intervento del presidente della Corte Suprema per “garantire
lo stato di diritto nel Paese”. (R.P.)