Mons. Fisichella: un successo le "Prediche sui vizi capitali" al Festival di Spoleto
Alla 55.ma edizione del "Festival dei Due Mondi" a Spoleto, in Umbria, prosegue con
straordinaria presenza di pubblico il ciclo di "Prediche sui vizi capitali", organizzato
in collaborazione con il Pontificio Consiglio per la Nuova Evangelizzazione. Ad aprire
gli appuntamenti - che si chiuderanno il 14 luglio con la presenza di mons. Renato
Boccardo, per una riflessione sull’avarizia - è stato il presidente del dicastero
vaticano, mons. Rino Fisichella, intervenuto il 29 giugno sul "principe dei
vizi", la superbia. Al microfono di Antonella Palermo, il presule spiega i
motivi del successo di questa iniziativa:
R.
- Anche io mi sono meravigliato molto nel verificare come un Festival così importante
sia riuscito a suscitare una così grande partecipazione da parte del popolo a una
riflessione sui vizi capitali. C’è il desiderio di conoscere e penso che questa sia
la cosa più importante. Fra poco, ad esempio, a partire da settembre, nelle dieci
più grandi piazze del Paese ci sarà una riflessione sui Dieci Comandamenti, con la
collaborazione di credenti, non credenti, del mondo dello spettacolo, della cultura
in genere, e penso che questa iniziativa del Festival di Spoleto sui sette vizi capitali
abbia riscosso un particolare successo proprio perché c’è il desiderio di conoscenza.
Più che altro, credo ci sia il desiderio di approfondire, e perché no, anche quella
curiosità che è sempre l’inizio di una nuova conoscenza.
D. - In un tempo non
troppo facile per la Chiesa...
R. - Diciamo che non è facile per tutti. È un
periodo di profonda crisi generalizzata, ma io sono convinto che anche nei momenti
di crisi si debba riflettere, riflettere anche positivamente. Il Papa utilizza una
bella espressione nella sua ultima Enciclica. Dice: “Il mondo soffre per la mancanza
di pensiero”. Io credo che dobbiamo avere la forza del pensiero, e quando si unisce
la ragione con la fede, il pensiero diventa certamente più forte.
D. - Lei,
proprio a Spoleto, ha detto che di crisi si parla sempre in termini economici e finanziari,
mentre la crisi più profonda tocca i rapporti personali. In sostanza chi è in crisi,
è l’uomo...
R. - È vero. Sono profondamente convinto di questo. Tutte le altre
crisi sono una conseguenza. L’uomo che è in crisi è un uomo che appare confuso, disorientato,
incapace di guardare al futuro, e quindi privo anche di speranza. È questo uomo che
ha bisogno di ritrovare se stesso e io sono convinto che lo fa con tutti gli strumenti
che può avere a disposizione, primo fra tutti, il desiderio di conoscere, di partecipare
e di sapere di più sulla propria vita.
D - Eccellenza, lei ha parlato a Spoleto
del principe dei vizi, la superbia. Quanto la superbia si annida anche nella Chiesa
e come smascherarla, come cercare di estirparla definitivamente?
R - La superbia
- lo diceva già la sacra Scrittura - si vince con l'umiltà. L'umiltà è avere la piena
consapevolezza di sé stessi, dei propri limiti e anche delle proprie contraddizioni.
Però l'umiltà ci porta anche a conoscere quelle qualità che noi possediamo e che devono
essere messe a servizio degli altri. Non si può sempre pensare a una crisi che ci
tocca all'esterno. La crisi antropologica è anche connotata da una profonda crisi
di fede. Quando viene meno la dimensione profonda della fede, la preghiera e la vita
di spiritualità, allora la conseguenza è che aumenta il limite e aumenta anche la
capacità di sopravvalutare se stessi. Quindi, primo fra tutti, aumenta la superbia.
D.
- Qual è il linguaggio più adatto oggi per la nuova evangelizzazione?
R. -
Deve essere quello del nostro tempo, perché è il linguaggio che serve per la comunicazione.
Non c’è un linguaggio particolare, attraverso il quale noi facciamo la nuova evangelizzazione.
Certo, il cuore della nuova evangelizzazione rimane sempre l’annuncio di Gesù Cristo,
conoscendo il quale, si conosce di più se stessi. Ma questo deve essere un annuncio
che è caratterizzato anche da uno stile di vita profondo e coerente. Ecco perché la
nuova evangelizzazione si muove su questo binario: un annuncio che diventa poi concretezza
nella testimonianza di vita.