2012-07-03 13:14:05

Kosovo: piena sovranità da settembre, resta il nodo del Nord


Il Kosovo acquisterà la piena sovranità in settembre, quando cesserà la sorveglianza internazionale sull'indipendenza proclamata nel febbraio 2008. La decisione è stata presa ieri a Vienna dal Gruppo internazionale di orientamento (International Steering Group), del quale fanno parte 25 Paesi che hanno sostenuto l'indipendenza di Pristina, compresi Stati Uniti e i maggiori Stati membri della Ue. Il servizio di Massimiliano Menichetti:

Il Kosovo oggi festeggia quella che il premier Thaci ha definito una "giornata storica", ovvero l’acquisizione, in settembre, della piena sovranità. Una decisione che corona un percorso iniziato dalla proclamazione dell’indipendenza nel febbraio 2008 e che ora apre nuovi percorsi al cammino di Pristina. La decisione dell'Isg comunque non avrà ricadute sulla presenza nel Paese della Forza Nato e della missione civile europea di polizia e giustizia, che continueranno ad espletare regolarmente le loro attività. Il premier Thaci ha anche annunciato la presentazione in tempi rapidi di un piano per la piena integrazione dei serbi. Nel Nord del Kosovo, infatti, la popolazione è a maggioranza serba, e non accetta la sovranità di Pristina, mantenendo di fatto proprie strutture parallele di governo. In questo contesto si muove il percorso per avviare i negoziati di adesione della Sebia all’Ue, condizione necessaria: l’abolizione di queste strutture parallele e il riconoscimento del Kosovo da parte di Belgrado. Sul fronte internazionale, sono 91 i Paesi (sul totale di 193 rappresentati all'Onu) che hanno riconosciuto l'indipendenza proclamata il 17 febbraio 2008 da Pristina. I principali oppositori all'indipendenza sono Russia e Cina, no anche da Spagna, Grecia, Romania, Cipro e Slovacchia. Il commento di Francesco Martino di "Osservatorio Balcani e Caucaso":RealAudioMP3

R. - Questo è un passaggio sicuramente importante, dal punto di vista simbolico, soprattutto per le istituzioni di Pristina. Quanto però il governo kosovaro potrà muoversi liberamente rispetto ad oggi, è tutto da vedere: sia per quanto riguarda la sicurezza, che resterà nelle mani delle forze militari internazionali, sia per quanto riguarda la possibilità di confrontarsi con la Serbia e con l’Unione Europea. Probabilmente i cambiamenti saranno molto ridotti rispetto ad oggi.

D. - Rimane aperto il nodo con il nord del Kosovo a maggioranza serba, dove di fatto esistono delle strutture governative parallele. Questa realtà come si risolve?

R. - Questa è la grande domanda che al momento rimane senza risposta, ed il passaggio della piena indipendenza formale non avrà il potere di sciogliere i nodi. Il problema può essere risolto soltanto attraverso una soluzione congiunta: Belgrado deve essere coinvolta nelle decisioni. C’è da dire che la popolazione locale è assolutamente contraria a riconoscere l’autorità di Pristina sul Nord del Kosovo. Probabilmente oltre - e forse più - dell’indipendenza formale di Pristina, conterà l’atteggiamento del nuovo governo di Belgrado. Nei giorni scorsi, il mandato è stato posto nelle mani di Ivica Dačić, leader del partito socialista - che era già stato di Milošević
- un partito che da allora è profondamente cambiato, ma che per la prima volta - dopo 12 anni - riprende il potere. Bisognerà quindi vedere come il nuovo premier serbo, deciderà di muoversi rispetto alle due grandi questioni parallele: il Kosovo e l’integrazione europea.

D. – L’eventuale avvio dei negoziati per l’adesione della Serbia all’Unione Europea, può essere una leva per portare ad una risoluzione di questa situazione?

R. - La situazione purtroppo è molto complessa, perché anche all’interno dell’Unione Europea non c’è unità di vedute. In questo momento, sicuramente centrale è la posizione della Germania, che è stata in qualche modo lo Stato più severo nei confronti di Belgrado: nel richiedere lo smantellamento delle strutture presenti nel nord del Kosovo ed in qualche modo a legare il riconoscimento del Kosovo alle negoziazioni della Serbia per l’ingresso nell’Unione Europea. Però in questo momento, non si vedono dei cambiamenti possibili a breve termine, che possano sbloccare la situazione. Quello che conta è la volontà, sia da parte delle élite locali - kosovara e serba - ma anche soprattutto dell’Unione europea, che è di fatto il facilitatore delle negoziazioni, per portare a termine un compromesso, che possa essere accettabile da entrambe le parti. Ultimamente si sono tentate delle soluzioni di forza, per spingere i serbi del nord del Kosovo ad accettare le condizioni imposte, che però si sono rivelate inefficaci. La mia opinione personale è che sia necessaria una soluzione di compromesso, e che le voci di tutte le parti vadano ascoltate.







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