Si aggrava la situazione umanitaria nel Nord del Mali
Il peggioramento della situazione umanitaria nel nord del Mali e la distruzione dei
mausolei di Timbuctù sono stati al centro di un intervento del segretario generale
dell’Onu, Ban Ki-moon. Secondo l’ultimo rapporto dell’Ufficio dell’Onu per il coordinamento
degli aiuti umanitari (Ocha) gli sfollati interni sono 158.857. In un comunicato diffuso
ieri, il massimo rappresentante delle Nazioni Unite ha ribadito il suo sostegno agli
sforzi per risolvere la crisi condotti in particolare da Unione Africana e Comunità
economica dei Paesi dell’Africa occidentale (Cedeao), riunitasi giovedì e venerdì
scorso per affrontare la questione maliana e gli altri fronti caldi della regione,
ma ha anche manifestato rammarico per la perdita di patrimoni culturali senza prezzo
come i mausolei di Sidi Mahmoud, Sidi Moctar e Alpha Moya. I mausolei – scrive la
Misna - erano stati inseriti soltanto la scorsa settimana nella lista del patrimonio
mondiale in pericolo. La decisione era stata presa dal Comitato del Patrimonio mondiale
dell’Unesco (Organizzazione Onu per l’educazione, la scienza e la cultura) riunito
a San Pietroburgo. Sebbene invocata dal governo di Bamako, la misura potrebbe però
aver sortito l’effetto contrario a quello sperato, spingendo Ansar al Din – uno dei
gruppi armati che controlla il nord del Mali – a distruggere luoghi di culto e pellegrinaggio
che esulano dalla sua rigida interpretazione dell’islam. Di quella lista fa parte
anche la tomba di Askia, a Gao, ancora apparentemente integra. A Gao gli islamisti
del Movimento per l’unicità e il jihad nell’Africa occidentale (Mujao) stanno intanto
consolidando il controllo della città, completamente sottratta all’influenza già relativa
dei tuareg del Movimento nazionale di liberazione dell’Azawad (Mnla). Di questi ultimi,
cacciati da Gao ma anche da Timbuctù, non sono ancora chiari né posizione né possibili
nuovi obiettivi. C’è poi da dire dei rifugiati registrati in Burkina Faso, Mauritania
e Niger: almeno 181.742. A questi occorre aggiungere i migliaia che hanno trovato
riparo in Algeria dove gli aiuti non sono coordinati dalla comunità internazionale.
(F.S.)