Siria: vigilia del vertice di Ginevra per rilanciare il piano di pace di Annan
Sul tavolo del vertice del Consiglio europeo c’è anche una bozza di risoluzione riguardante
la Siria. Si chiede l’apertura di un’inchiesta “trasparente, indipendente e rapida”
per accertare eventuali violazioni di diritti umani nel Paese. Intanto, domani a Ginevra
si cercherà il rilancio del piano di pace Annan nel corso della riunione tra i 5 Paesi
membri del Consiglio di Sicurezza dell’Onu, Turchia, Ue e una delegazione della Lega
Araba. A pesare il "no" della Russia ad un intervento esterno nella transizione politica
di Damasco. Con queste premesse è possibile in partenza che questo vertice sia fallimentare?
Benedetta Capelli ha rivolto la domanda a Fabrizio Battistelli, presidente
di Archivio Disarmo:
R. - No, non
credo possa definirsi fallito in partenza, perché le posizioni sono variegate anche
nel fronte del “no”, nel fronte cioè di tutti quei Paesi che, sulla base anche di
esperienze recenti – pensiamo al caso Libia – guardano con diffidenza ad interventi
promossi e guidati dall’Occidente. Un conto è la posizione della Cina, che è stranamente
– in qualche modo – possibilista; un altro punto di vista è quello espresso dai Paesi
della Lega Araba; un altro punto di vista ancora è quello di un alleato occidentale
importante, ma proiettato nel mondo islamico come la Turchia. Insomma qualche margine
di manovra c’è.
D. – Per quanto riguarda l’ipotesi di un governo di unità nazionale
aperto ai lealisti di Assad è possibile che questa ipotesi venga accettata, anche
se ha generato dei malumori non indifferenti?
R. – Potrebbe essere un’ipotesi
di evidente compromesso e un compromesso che possiamo anche definire al ribasso, ma
che ha dalla sua il dato di essere realistico: se si guarda bene ad un bilancio delle
“primavere arabe” si vede che in più occasioni la soluzione non è stata molto lontana
da questa. Nelle situazioni dell’area il fatto che i governi lascino delle personalità,
che poi possono servire anche a capovolgere il destino politico che fino a quel momento
hanno servito, non sarebbe una novità.
D. – Veniamo alla tensione Siria-Turchia:
ci sarebbero 170 carri armati a Nord di Aleppo, vicino al confine con la Turchia che,
da parte sua, ha chiesto la creazione di una “no fly zone”. Quali scenari ipotizzare
da questo punto di vista?
R. – Di tutto devo dire che questa evoluzione del
rapporto fra i due Paesi confinanti è veramente la più sorprendente: nessuno sei mesi
fa avrebbe potuto immaginare che dalla crisi interna della Siria sarebbe sfociata
una crisi fra due Paesi che finora avevano avuto sostanzialmente dei buoni rapporti
di vicinato, pur nell’assoluta diversità del sistema politico che, nel caso turco,
è indubbiamente democratico rappresentativo. I campi a cui appartengono l’uno e l’altro
Paese sono diversi, ma il rapporto e le relazioni tra vicini erano buone. Lì Assad
ha fatto "l’errore del secolo" per quello che riguarda il suo governo: quello di andare
a litigare con un vicino molto forte, molto importante, molto centrale, ideologicamente
non etichettabile come al servizio dell’Occidente, perché – pur essendo incardinato
nell’area occidentale sul piano istituzionale – a livello politico Erdogan è rappresentante
di un partito musulmano, sia pure moderato, e quindi non accusabile di collusione
con l’Occidente. Probabilmente il nervosismo provocato dalla repressione del movimento
popolare in Siria da parte del governo di Assad e alcuni errori di calcolo sulla tolleranza
anche del vicino hanno portato a una crisi pericolosissima per Assad, che lo isola
politicamente e un domani – ma c’è augurarsi di no – potrebbe anche dare vita a qualche
forma di conflitto tra questi due importanti Paesi. C’è solo da augurarsi, per gli
equilibri internazionali e per la pace nell’area, che questo non accada.