Guinea Bissau tra povertà e speranze: la testimonianza di mons. Zilli
Dopo il golpe del 12 aprile scorso, la Guinea Bissau vive un momento di grande incertezza.
Per garantire la sicurezza dei civili, la Comunità economica degli Stati dell'Africa
occidentale ha dispiegato il proprio contingente, che ha preso il posto della missione
militare dell'Angola, che era presente in Guinea Bissau da oltre un anno. La forte
instabilità si traduce in una crisi politica che vede la giunta militare non riconosciuta
dalle organizzazioni internazionali africane e intanto la diplomazia europea è al
lavoro per giungere ad una soluzione. Sulla situazione nel Paese, Salvatore Sabatino
ha intervistato mons. Pedro Zilli, vescovo di Bafatà:
R. – Hanno fatto
un governo, ma il presidente e il primo ministro che erano al potere prima del golpe
non hanno ancora rinunciato: è una situazione giuridicamente complessa. Di fatto c’è
un governo, il cui presidente dovrebbe preparare le elezioni e preparare il futuro
della nazione. E’ un momento difficile per la gente, perché mancano queste garanzie
giuridiche. Stiamo aspettando, stiamo vedendo come andranno le cose. Si tratta di
una democrazia molto debole, in cui i militari rappresentato una forza – come io dico
sempre – troppo forte.
D. – Proprio queste tensioni politiche e la situazione
generale così complicata – la guerra che c’è stata nel ’98, il colpo di Stato – hanno
poi portato il Paese, anche economicamente in una situazione drammatica. Un dato su
tutti: la Guinea Bissau ha un debito pari a 921 milioni di dollari…
R. – Si
vede come vive la gente: la gente vive male; la gente vive così, un po’ alla giornata;
la gente che vive in campagna ha un po’ di riso, un po’ di granoturco, un po’ di queste
cose… E poi i giovani: le prospettive veramente mancano. Quali speranze per questi
giovani? Ho scritto una lettera pastorale dal titolo “La speranza non inganna”, nella
quale mi domandavo quale speranza c’è per questi giovani. I giovani, se possono, vanno
via; vengono in Europa, perché qui comunque si sta un po’ meglio, nonostante la crisi.
D. – Questo fa ancora più rabbia, perché potenzialmente potrebbe essere un
Paese – invece – molto ricco. Ricordiamo che in Guinea Bissau c’è il petrolio, che
c’è la bauxite. Come al solito in Africa le risorse ci sono, ma non vengono sfruttate
poi dalla popolazione del posto…
R. – La domanda è a cosa serviranno queste
cose per la gente? Ci sono altre esperienze in atto in Africa e non solo: la gente
resta, per qualche ragione, più povera di prima!
D. – Il 45 per cento della
popolazione è animista, mentre i musulmani ammontano – più o meno – al 40 per cento
della popolazione. Vi è poi una discreta minoranza cristiana formata per lo più da
cattolici: siamo intorno al 15 per cento. Qual è il ruolo dei cattolici nel Paese?
R.
– Da noi c’è un rapporto bellissimo tra cattolici cristiani, musulmani e appartenenti
alla religione tradizionale, gli animisti. La Chiesa cattolica è molto rispettata
per il lavoro che fa. E il lavoro che la Chiesa svolge lo posso riassumere in tre
punti fondamentali. Il primo, l’annuncio del Vangelo; l’altro, la sanità; e, il terzo,
la scuola. Adesso siamo tre vescovi e quando scriviamo un messaggio o esprimiamo la
nostra opinione, veniamo ascoltati molto. Facciamo dei lavori insieme ai musulmani
ed è bello: abbiamo scritto insieme due lettere in determinate situazioni, come in
questa del colpo di Stato, firmata da cattolici, evangelici e musulmani. Questa è
una bella cosa. La gente vuole bene alla Chiesa, grazie a Dio.
D. – Come vede
il futuro di questo Paese o meglio che cosa auspica per il futuro della Guinea Bissau,
lei che vive lì da tanti anni?
R. – Parto da un punto fondamentale, che è un
punto di fede: il Signore ama tutte le persone di questo mondo ed ama quindi anche
la Guinea Bissau e non ha abbandonato la Guinea Bissau. Nonostante le tante difficoltà,
ci sono dei segnali positivi, anche a livello di Stato: hanno fatto, per esempio,
più strade; hanno fatto la rete telefonica mobile: questi sono segni. E’ arrivato
anche Internet, non per tutti, ma certo si riesce già a navigare. Una volta le ragazze
non andavano a scuola, perché "servivano" soltanto per partorire e per cucinare; adesso
invece le ragazze vanno a scuola e i genitori mandano a scuola non soltanto i figli,
ma anche le figlie. La sanità, nonostante tutto, funziona: ci sono le campagne di
vaccinazioni per il morbillo, per la poliomelite… Quindi vedo una prospettiva positiva
e si sta lottando per questo. Basterebbe un pochino più di tranquillità…. Quindi,
nonostante tutto, la mia prospettiva è positiva.