I Decreti dei nuovi Beati. Presto agli altari don Puglisi, prete martire ucciso dalla
mafia
Sarà presto proclamato Beato don Giuseppe Puglisi, il sacerdote siciliano martire,
ucciso dalla mafia nel 1993. Il suo nome fa parte del gruppo di prossimi candidati
agli onori degli altari, i cui decreti di Beatificazione sono stati approvati questa
mattina da Benedetto XVI, nel corso dell’udienza concessa al cardinale Angelo Amato,
prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi. Tra i prossimi Beati, anche un
sacerdote italiano e una laica brasiliana dell’Ottocento. Il servizio di Alessandro
De Carolis:
Sono tanti
i martiri le cui storie tornano alla memoria dalle brevi righe dei Decreti approvati
dal Papa. Memoria che in realtà conserva il sapore della cronaca, quando il ricordo
fa affiorare il sorriso di don Pino, Giuseppe Puglisi, figlio del quartiere palermitano
del Brancaccio e legato a quelle case e strade piene di troppe miserie da un filo
doppio di affetti e missione. Dalla voglia di strappare a colpi di Vangelo i giovani
dall’orbita della mafia, che invece gli strappa la vita il 15 settembre del ’93, ma
al solito fallisce nel tentativo di estirpare il seme di bene, di dignità e di civiltà
che don Pino ha piantato troppo in fondo al cuore della Sicilia e dell’Italia perché
qualche colpo di pistola possa renderlo sterile. Più lontana di un sessantennio, ma
certo non sfocata, specie per la Chiesa spagnola, è invece la memoria del nuovo gruppo
di martiri della guerra civile del secolo scorso ai quali il Papa riconosce l’onore
degli altari. Ai tanti sacerdoti, religiosi e laici già beatificati in questi anni,
si aggiungono ora i nomi del vescovo ausiliare di Terragona, Emanuele Borrás Ferré,
e Agapito Modesto, dell'Istituto dei Fratelli delle Scuole Cristiane, e dei loro 145
compagni. Di Ermenegildo dell'Assunzione e dei suoi cinque compagni dell'Ordine della
Ss.ma Trinità. Della religiosa Vittoria di Gesù, dell’Istituto Calasanziano della
Divina Pastora, tutti uccisi tra il ‘36 il’39. E ancora, del sacerdote diocesano 23.enne,
Giovanni Huguet y Cardona, anch’egli ucciso in odio alla fede nel ‘36. E di prossima
Beatificazione si parla nei Decreti anche per Devasahayam (Lazaro) Pillai, un laico
nato nell’India dei primi del Settecento e morto martire nel 1752.
Oltre a
loro, l’elenco approvato da Benedetto XVI contiene il riconoscimento delle virtù eroiche
per nove Venerabili Servi e Serve di Dio, quattro donne e cinque uomini. Si tratta
del cardinale arcivescovo di Napoli dell’800, Sisto Riario Sforza, dell’arcivescovo
statunitense Fulton Sheen, scomparso 32 anni fa, del vescovo spagnolo dell’Opus Dei,
Álvaro Del Portillo y Diez de Sollano, morto a Roma nel 1994, del sacerdote diocesano
olandese, Ludovico Tijssen, spentosi nel 1929, e del sacerdote spagnolo Cristoforo
di Santa Caterina, vissuto nel Seicento e fondatore della Congregazione e dell'Ospedale
di Gesù Nazareno di Córdoba. E ancora, della Serva di Dio canadese dell’Ottocento,
Maria del Sacro Cuore, vedova e fondatrice delle Ancelle del Cuore Immacolato di Maria,
conosciute come Suore del Buon Pastore di Québec. Della religiosa nordirlandese, Maria
Angelina Teresa, fondatrice della Congregazione delle Suore Carmelitane per gli anziani
e gli infermi, spentasi negli Stati Uniti nel 1984. Della monaca professa ungherese
dell'Ordine della Visitazione, Maria Margherita, morta a soli 28 anni il 13 maggio
1933, e della suora professa italiana dell'Istituto delle Figlie della Carità, morta
a Mumbai, India, nel 1956 a 36 anni.
Ed ora un vivo ricordo del sacerdote ucciso
dalla mafia. EmanuelaCampanile lo ha chiesto a suor CarolinaIavazzo, già collaboratrice di don Puglisi, e autrice del libro “Figli del
Vento. Padre Puglisi e i ragazzi di Brancaccio” edito dalla San Paolo:
R. – Il sogno
di padre Puglisi era quello di vedere la gente libera e vedere un quartiere, come
quello di Brancaccio, risorto, libero da tutto il male della mafia, consegnato proprio
nelle mani di Dio. Questo era il sogno di padre Puglisi.
D. – L’immagine più
bella che conserva di don Pino?
R. – L’immagine più bella è il suo sorriso
luminoso, quegli occhi azzurri che esprimevano la bellezza della vita: lui amava la
vita e, da vero siciliano, amava anche la Sicilia. E quindi il ricordo che ho di lui
è la sua gioia: la gioia di appartenere a Dio, convinto di quello che stava facendo.
C’è una frase molto bella sulla sua tomba: “Non c’è amore più grande che dare la vita
per i propri amici”. E’ la frase che dice Gesù nel Vangelo di Giovanni. E penso che
questa frase racchiuda tutta la sua gioia.