L'Onu sulla Siria: è come una guerra civile. L'opinione: no alla Nato, sì al dialogo
Sale la tensione in Siria. Il ministro dell'Informazione Omran al Zoubi ha accusato
l'Unione Europea e le organizzazioni arabe e internazionali di avere in qualche modo
responsabilità per l’attacco di questa mattina contro la televisione di stato a Damasco,
al Ikhbariya. Almeno sette persone sono rimaste uccise, tre giornalisti e quattro
guardie. Altre sette persone sono state rapite da un commando di rivoltosi.L'attacco
è stato condannato in serata dalla Casa BIanca. Secondo gli attivisti le violenze
odierne nei soli sobborghi di Damasco avrebbero provocato almeno 35 morti. In questo
scenario, la Commissione internazionale di inchiesta sulla Siria, in un rapporto presentato
oggi al Consiglio dell’Onu, evidenzia come in alcune zone del Paese i combattimenti
siano ''sempre più militarizzati'' e abbiano le caratteristiche di una guerra civile.
Intanto, le forze turche al confine con la Siria sono in ''allerta rossa'' in seguito
all'abbattimento venerdì scorso di un F4 Phantom da parte di Damasco. Massimiliano
Menichetti ha parlato della situazione con Arduino Paniccia, docente di
Studi strategici all’Università di Trieste:
R. - Naturalmente,
il fatto che il regime non sia voluto andare, in tutto questo tempo, ad alcuna forma
di accordo sta portando la parola alle armi. Credo che nulla possa essere imputato
all’Unione eEropea: è una forzatura, perché non è un problema di colpevolezza delle
organizzazioni internazionali che - devo dire seppur non con grande capacità - hanno
comunque tentato di trovare situazioni in Siria. E’ chiarissimo agli occhi di tutti
che il deteriorarsi della situazione è prima di tutto dovuto all’atteggiamento durissimo
del governo siriano. Detto questo, vi è pochissimo tempo prima che si brucino completamente
anche le chances di possibile intervento ultimo da parte delle Nazioni unite
e credo che su questo debba puntare tutta la comunità internazionale.
D. -
Ma il piano Kofi Annan inviato dell’Onu e della Lega araba ormai che spazi di manovra
ha?
R. – Il piano va rivisto. Va visto ormai non più come un accordo di cessate-il-fuoco,
ma come interposizione. Quindi, diventa più complesso e su questo, in qualche modo,
si deve trovare l’accordo con la Russia e la Cina: soprattutto con la Cina che ha
dato chiare dimostrazioni di essere già in contatto, seppur in maniera molto segreta
e nascosta, con le forze di opposizione ad Assad. Questa è una notizia che in genere
è tenuta riservata, ma della quale siamo a conoscenza. La Cina sta già trattando,
checché ne dica.
D. – Ci sono poi le forze turche che, al confine con la Siria,
sono in allerta rossa dopo l’abbattimento venerdì di un caccia da parte di Damasco.
Anche qui, una situazione estremamente tesa e pericolosa...
R. – Questo è esattamente
l’opposto di quello che si dovrebbe fare, nel senso che quello che noi dobbiamo cercare,
a mio parere, di fare come comunità internazionale è evitare che si arrivi a una vera
e propria guerra civile. Fin quando si può evitare la guerra, che non è mai una soluzione,
tutto va fatto. E tentare di coinvolgere la Nato, come è accaduto sulla vicenda dell’aereo
turco, è un errore perché questo non spaventa Assad, il quale usando i missili contro
l’aereo di Ankara ha già dato dimostrazione che non teme nulla. L’arma di evocare
la Nato, come anche fa la Turchia, è un’arma spuntata. Se Assad ha deciso di andare
fino in fondo andrà fino in fondo. Si devono usare altre armi, armi diplomatiche,
negoziali, salvacondotti, e questo può essere fatto soltanto in sede delle Nazioni
Unite.