Cortile dei Gentili. I cardinali Ravasi e Tauran discutono di diplomazia e verità
Il tema “Diplomazia e verità” è stato al centro, martedì sera a Roma, nella sede dell’Ambasciata
d’Italia presso la Santa Sede, del nuovo appuntamento del “Cortile dei Gentili”, la
struttura del Pontificio Consiglio della Cultura dedicata al dialogo tra credenti
e non credenti. Ospiti di Palazzo Borromeo, numerosi cardinali e diplomatici hanno
dato vita a un vivace dibattito sulla possibilità di conciliare due termini considerati
in contraddizione. Per noi c’era Fabio Colagrande:
“L’ambasciatore
è un uomo onesto mandato a mentire all’estero per il bene del suo Paese”. Con un’aforisma
di Izaak Walton, il cardinale Gianfranco Ravasi, presidente del dicastero vaticano
della cultura, introduce subito, nell’affollato cortile di Palazzo Borromeo,
la questione centrale. E’ possibile, oltre gli stereotipi, riconciliare verità e diplomazia?
Sì, se le diplomazie individuano come fondamento di verità comune la natura umana,
il diritto naturale, recuperando una concezione classica di verità che si oppone all’attuale
soggettivismo. Ma la “nuda veritas” di Orazio – spiega ancora il cardinale Ravasi
– è più affascinante se “vestita” dalla prudenza, dalla discrezione, evitando però
i rischi connaturati alla riservatezza:
“Il segreto ha sempre due volti:
da un lato, è sicuramente sinonimo di discrezione, quindi custodire in un certo senso
anche quegli elementi che potrebbero essere di provocazione, di esplosione perfino.
Ma, dall’altra parte, ha anche un volto negativo: può voler dire nascondere ai popoli
una verità che invece è necessaria, che porta all’esame di coscienza, alla critica
e magari alla trasformazione di una società. Per questo, i diplomatici come i politici
camminano sempre su un crinale estremamente delicato”.
E’ un diplomatico
di carriera, come il cardinale Jean-Louis Tauran, già Segretario vaticano per i Rapporti
con gli Stati, a sottolineare invece come “un ambasciatore che mente, raramente giunge
al suo scopo”, mentre la diplomazia deve essere sempre “al servizio della realizzazione
dell’uomo”. Gli fa eco l’ambasciatore Usa presso la Santa Sede, Diaz, quando sottolinea
l’importanza di un’azione diplomatica che faccia gli interessi del proprio Paese “ma
promuova al contempo il bene comune”. Nel dibattito, emergono però anche l’allarme
democratico legato alla dialettica tra diplomazia e trasparenza nel mondo globalizzato
e la sfida che l’istantaneità dell’informazione, all’epoca del web 2.0, lancia ai
tempi lenti dei diplomatici. Riassume la discussione il padrone di casa, l’ambasciatore
d’Italia presso la Santa Sede Francesco Maria Greco:
R. – Oggi, stiamo
assistendo ad una certa globalizzazione della verità, vale a dire non è più facile
oramai nascondere le posizioni del singolo Stato, del singolo uomo politico, perché?
Perché siamo, effettivamente, sotto una campana di vetro. Quindi, anche le opinioni,
in qualche modo, sono state globalizzate e anche la verità è sottoposta a questo screening
globale. Poi, per quello che riguarda il punto specifico del rapporto che può
esistere tra la privacy e l’esternazione di determinati punti di vista, ritengo che
lì abbia detto bene, ancora una volta, il cardinale Ravasi: “La verità deve essere
sempre vestita di prudenza”, quindi non ci si deve far scudo di una verità assoluta
e mettersi al riparo di questa verità assoluta per manifestare in maniera incondizionata
e senza riserve determinati punti di vista. La prudenza è sempre d’obbligo, soprattutto
per chi fa questo mestiere.
D. – Infine, come ambasciatore d’Italia presso
al Santa Sede, come guarda al progetto del Cortile dei Gentili che ormai ha compiuto
diversi passi in Italia e all’estero?
R. – Il Cortile dei Gentili è un’iniziativa
ideale. Nasce, appunto, per fare dialogare le persone: abbiamo detto che dialogos
vuol dire “la parola che attraversa”, la parola che attraversa probabilmente le frontiere,
la parola che attraversa i muri della incomunicabilità. Quindi, il Cortile dei Gentili
già di per sé è un’iniziativa straordinaria, molto affine alla vocazione di un diplomatico:
un diplomatico deve gestire la diversità, quindi deve gestire il dialogo tra persone
appartenenti a diversi credo: che siano credo politici, religiosi o di altra natura.
Il Cortile dei Gentili di per sé è dunque qualcosa di estremamente vicino alla nostra
sensibilità, al nostro modo di vedere le cose, alla nostra missione, al nostro operare
quotidiano. Si sono allargate sempre più le frontiere alle tematiche affrontate dal
Cortile dei Gentili: ritengo che stia svolgendo anche una funzione civica e sociale
tutt’altro che trascurabile. Non so se sia già ufficiale il fatto che, ad esempio,
una sessione del Cortile dei Gentili avrà luogo a Catanzaro, quindi in aree che rivestono
e presentano qualche criticità.