La Turchia reagirà agli atti ostili. Così Erdogan dopo la vicenda del jet abbattuto
dalla Siria
La Turchia “risponderà a qualsiasi violazione delle sue frontiere”. E’ la posizione
espressa dal premier turco Erdogan dopo l’abbattimento, venerdì scorso, del caccia
turco da parte della contraerea siriana. Una condanna arriva anche dalla Nato che
per affrontare la vicenda si è riunita oggi a Bruxelles. Intanto la missione dell’Onu
in Siria rimane congelata a causa del conflitto: lo ha riferito il capo dei peacekeeper
delle Nazioni Unite, Herve Ladsous che è intervenuto ad una riunione, a porte chiuse,
del Consiglio di sicurezza. E, infatti, in Siria si continuano a contare i morti:
secondo gli attivisti dell’opposizione oggi sono almeno 56. Il servizio di Debora
Donnini:
La Turchia
reagisce con fermezza all’abbattimento del caccia F-4 : “ogni soldato che si avvicinerà
alla frontiera dalla Siria sarà considerato come un elemento di minaccia”, afferma
il premier turco Erdogan che stamani ha tenuto il tradizionale discorso al gruppo
parlamentare del suo partito, l’Akp. Erdogan accusa Damasco di atto ostile spiegando
che il jet violò lo spazio aereo siriano ma non era armato, fu solo per un brevissimo
periodo e per errore. La vicenda oggi è stata anche al centro di una riunione della
Nato. Il segretario generale dell’Alleanza Atlantica, Rasmussen, ha escluso l’intervento
armato ma condannato con forza l’episodio parlando di “atto assolutamente inaccettabile”.
Intanto la diplomazia internazionale è al lavoro. Alla riunione del gruppo di contatto
sulla Siria, che si terrà sabato a Ginevra, parteciperà il ministro degli esteri russo,
Serghei Lavrov, secondo il quale l’Iran dovrebbe essere invitato. Per Mosca comunque
l’abbattimento del jet non è stata un’azione premeditata. Resta, intanto, sospesa
la missione dell’Onu in Siria a causa delle violenze, riferisce al Consiglio di Sicurezza
dell'Onu Herve Ladsous, capo dei peacekeeper delle Nazioni Unite, sottolineando che
i civili in Siria sono di fronte a ''pericoli crescenti'' e ''non ci sono le condizioni
per riprendere le operazioni''. La missione, composta da 300 osservatori disarmati,
era stata interrotta il 16 giugno dopo l'intensificarsi della repressione. Nel paese
intanto ennesima giornata di violenza con un bilancio di almeno 56 morti, secondo
attivisti dell'opposizione, che segnalano scontri tra forze governative e ribelli
in diverse parti del Paese, tra cui alcuni sobborghi di Damasco. Oggi, poi, ha giurato
il nuovo governo siriano guidato dal premier Riad Hiyab, ex-ministro dell’Agricoltura.
E’ il terzo esecutivo dall’inizio delle rivolte.