La poesia del quotidiano. Presentato il libro "Le stesse parole" di Antonella Palermo
“Le stesse parole”: si intitola così il libro di Antonella Palermo, che verrà
presentato questa sera a Roma, alla Casa delle Letterature, da Elio Pecora e Alberto
Toni, con la presenza dell’autrice. E’ una raccolta di poesie per le Edizioni Lieto
Colle con la prefazione di Davide Rondoni ed è la prima opera pubblicata dalla Palermo,
giornalista della nostra emittente. Rosario Tronnolone l’ha intervistata chiedendole
prima di tutto in che modo si sia avvicinata alla scrittura:
R. – Per me,
la scrittura, a un certo punto, è diventata sempre di più un’urgenza, una necessità.
Non con quella consapevolezza chiara, almeno all’origine, di volermi esporre. E’ stato
un accostamento, sì, progressivo. Ho iniziato prima sotto forma di brevissimi racconti,
che ancora conservo nel cassetto. Poi, piano piano, mi sono resa conto che probabilmente
la mia vocazione era quella del verso. E infatti ho capito che mi era molto più congeniale,
progressivamente, asciugare questa scrittura e quindi – come si suol dire – lavorare
per sottrazione. Tant’è che alla fine – io stessa – constatato che il verso è molto
essenziale.
D. – Spesso, nelle tue poesie quello di cui parli è una interiorità
- perché la si percepisce perfettamente - ma come incarnata in oggetti reali, come
se il sentimento non fosse descritto da parole astratte, ma venisse suggerito con
una immagine reale, con una immagine quotidiana…
R. – Esatto, ed è quello che
il poeta Davide Rondoni - che mi ha voluto veramente regalare questa pagina di prefazione
- ha messo in evidenza, proprio questo tratto, che poi probabilmente è il segreto
della scrittura capace di visione a partire dalla vita quotidiana, forse anche quella
più banale, più sottovalutata, fatta di piatti che si lavano, di panni stesi al sole,
di ascolto delle campane che suonano… Ecco, a partire da questo tipo di visione, poi
la poesia, laddove c’è, è capace di elevarsi e sì di manifestare sentimenti che si
spera possano essere universali e quindi lì – si auspica – che ci si possa ritrovare.
D. – Volevo leggere, o meglio farti leggere, i versi che in assoluto io amo
di più di questa tua raccolta e che è la poesia “Fatica”…
R. – Sono tre versi:
“Mi tiro a lucido il sorriso, stendo l’anima ad asciugare, ma il sole fa fatica, come
me”. Credo di averli appuntati mentre ero in autobus, perché poi la poesia arriva
anche quando e dove meno te l’aspetti. C’era in me molta fatica: la fatica del quotidiano,
la fatica della solitudine, la fatica di dover affrontare nuove giornate, magari sempre
uguali, con quegli stessi sentimenti che ti tirano giù, che poi è la fatica anche
a farsi avvicinare dalle persone…
D. – Questo libro, però, è la dimostrazione
che esiste la possibilità di questo contatto: una mano tesa c’è e quindi anche la
tua copertina così serena, così speranzosa…
R. – E’ la sagoma di una bambina,
vista di spalle… potrei essere io, con il sole, che è legato con un filo al collo
di questa persona…
D. – ...come fosse un palloncino…
R. – Vorrei prendere
in prestito delle parole che una persona a cui parlavo un po’ di questo libro e del
suo titolo – “Le stesse parole” – mi ha detto: le stesse parole può indicare una ripetitività
senza speranza o, invece, una essenzialità che consente di resistere in qualsiasi
circostanza. Mi sembra che abbia letto bene.