Settimana decisiva per l'Euro e la Grecia: occhi puntati sul Consiglio europeo di
Bruxelles
In Europa, quella appena iniziata è una settimana cruciale per il futuro della moneta
unica e per la permanenza della Grecia nell’area Euro. Giovedì e venerdì ci sarà a
Bruxelles il Consiglio europeo, che però non vedrà la presenza del neo premier ellenico
Samaras, bloccato ad Atene per motivi di salute. Un vertice che dovrà esprimere una
posizione comune sui temi economici, nonostante le tante divergenze emerse in più
occasioni. Salvatore Sabatino ne ha parlato con Carlo Altomonte, docente
di Politica Economica Europea presso l’Università Bocconi di Milano:
R. – Quello
che si sa è che il Consiglio europeo dovrebbe approvare una prima road map,
un primo piano di medio periodo per garantire proprio la irreversibilità dell’Euro.
Oltre al pacchetto crescita, si dovrebbe quindi iniziare a parlare concretamente sia
di unione bancaria che di unione fiscale e quindi di Eurobond.
D. – Nel frattempo
è stata rimandata la missione della trojka ad Atene con il rischio concreto di ritardi
nel versamento della prossima tranche del prestito concesso alla Grecia. Un segnale,
questo, che è comunque preoccupante…
R. – Sì, il problema greco continua ad
essere presente. Evidentemente il nuovo governo è sicuramente favorevole alla moneta
unica, ma evidentemente ci sono anche gravi problemi di gestione del piano in Grecia
ed evidentemente esiste anche la necessità di rivedere questo piano compatibilmente,
però, con le esigenze dei creditori. Quindi ritengo che la Grecia continuerà a essere
una fonte di preoccupazione, però eviterei di giudicare la tenuta della moneta unica
dal destino della Grecia. Saranno più importanti a questo scopo le decisioni del Consiglio
europeo annunciate tra giovedì e venerdì per tutta l’area Euro.
D. – Intanto,
cresce la tensione per la presunta violazione dell’accordo con Unione Europea e Fondo
Monetario internazionale da parte della Grecia, che prevedeva la riduzione dei funzionari
pubblici. Questo può far saltare, secondo lei, l’aggiornamento del memorandum che
prevedeva – lo ricordiamo – il rinvio di due anni chiesto da Atene per l’attuazione
del piano di austerity?
R. – Più in generale in una parte della classe politica,
soprattutto nel Nord Europa, esiste una vera e propria mancanza di fiducia sulla capacità
del sistema politico ed economico greco di gestire il piano di aiuti. Quindi, esiste
un sentimento diffuso secondo il quale è quasi inutile andare a negoziare con la Grecia,
perché comunque il Paese è ormai incapace di rispettare qualunque tipo di piano. Evidentemente,
notizie di questo tipo non aiutano e potrebbero addirittura portare ad una crisi dei
rapporti con il resto dell’Unione Europa. Da questo punto di vista, penso che fondamentalmente
l’uscita della Grecia dall’Euro non rappresenti un problema strutturale per la tenuta
della moneta unica: in pratica, la tenuta dell’Euro non dipenderà da come sta andando
il negoziato con la Grecia, se il Consiglio europeo darà una road map chiara
e condivisa di lungo periodo.
D. – Oltre alla Grecia ci sono anche altri Paesi
in difficoltà: si parla sempre più insistentemente di una possibile richiesta di aiuti
anche da parte di Cipro. Questo vuol dire che il famoso effetto contagio è già iniziato?
R.
– Cipro ha un’economia molto particolare, molto "bancarizzata", ma anche molto piccola.
Quindi, immaginare che il "contagio" sia esteso a Cipro, francamente mi sembra una
interpretazione un po’ eccessiva. Il punto è capire se il Consiglio Europeo di giovedì
e venerdì darà delle risposte nel medio periodo, ma non nel breve periodo; a quel
punto ci sarà una recrudescenza delle tensioni sul mercato finanziario per Spagna
e Italia, che piccoli non sono... Allora a quel punto davvero bisognerà capire come
e in che misura le istituzioni europee riusciranno a far fronte comune contro la crisi.
Bisognerà usare gli strumenti esistenti e la Banca Centrale in particolare al fine
di mettere insieme questa road map di medio periodo che ci porterà all’unione bancaria
e all’unione fiscale. Di questo ho pochi dubbi, ma con le esigenze di breve periodo
i mercati vogliono risposte subito e evidentemente il sistema politico queste risposte
subito non le può dare: servono dei tempi tecnici per mettere in piedi queste cose
e quindi bisognerà in qualche modo spegnere gli incendi che potrebbero appiccarsi.