Il vescovo di Carpi: la serenità del Papa ci aiuterà a riprenderci
“Aspettiamo il Papa con la speranza nel cuore e la certezza della fede”. Così monsignor
Francesco Cavina, vescovo della diocesi di Carpi, che oggi accoglierà il Santo
Padre in visita in Emilia Romagna. In questa diocesi, la più colpita dal sisma, solo
tre chiese su 50 sono agibili, ma nonostante questo grande è l’impegno di tutti i
sacerdoti in questo momento difficile. Massimiliano Menichetti ha intervistato
lo stesso monsignor Cavina:
R. - Devo
dire che i sacerdoti sono stati veramente eroici: sono rimasti tutti sul posto e molti
di loro hanno organizzato i primi soccorsi alle popolazioni. Soccorsi che sono stati
fatti addirittura nel contesto dei campi sportivi e di quelle strutture - poche -
che sono rimaste in piedi, come qualche scuola materna. Si sono, quindi, fatti carico
di queste tendopoli che sono nate spontaneamente attorno al proprio parroco o agli
spazi parrocchiali. Questo denota l’affetto, la stima e la riconoscenza che la popolazione,
credente e non, ha nei confronti dei propri sacerdoti. A mio avviso, inoltre, mette
in chiara evidenza l’importanza che hanno le parrocchie, soprattutto nel contesto
delle nostre campagne - faccio riferimento principalmente alla zona del mirandolese
-, per quanto concerne la vita comunitaria, sociale e religiosa della gente. Le parrocchie
sono l’unico luogo di aggregazione esistente in queste realtà. Vorrei sottolineare,
inoltre, come la perdita della propria chiesa abbia significato, per molta gente,
anche la perdita dell’unico luogo di bellezza presente sul posto.
D. - Domani
arriverà il Papa: che cosa dirà e porterà Benedetto XVI?
R. - Intanto rivolgo
la mia gratitudine e la mia riconoscenza. Quando sono venuto a conoscenza che il Santo
Padre aveva scelto di venire a Rovereto, mi sono venute grosse lacrime agli occhi
proprio per via della commozione e, allo stesso tempo, anche a causa della gioia,
perché questo ci mostra come il Papa sia veramente il padre di tutti e come egli abbia
a cuore i figli che stanno soffrendo e che si trovano veramente in una situazione
di grande disagio. Una cosa che mi ha sempre colpito è la sua figura, fino a quando
sono rimasto a Roma per lavorare in Segreteria di Stato: mi ha sempre colpito la sua
serenità, anche nell’affrontare i grandi problemi della Chiesa universale. Credo che
la sua serenità trasparirà certamente nelle parole che ci rivolgerà e quindi sarà
motivo, anche per noi, di riprendere con serenità - ed oserei dire quasi con pace
- il nostro cammino così lungo e faticoso, ma sicuramente con la certezza che non
siamo stati abbandonati. Questo, per me, è motivo di grande conforto e mi sembra che
anche i miei diocesani l’abbiano accolto con lo stesso spirito. E’ un gesto di grande
affetto, quello del Santo Padre: è un gesto in cui egli spende davvero se stesso,
perché venire qui domani, per un viaggio di una durata così breve, con un clima torrido
come quello odierno, comporterà certamente una fatica molto grande per lui e questo
dimostra proprio l’affetto che egli ha verso di noi. Di questo lo ringrazio davvero
di cuore e, al mio ringraziamento, si unisce sicuramente tutta la diocesi di Carpi.
D.
- Lei ha ricordato che è vescovo di questa diocesi da quattro mesi. Don Ivan è morto
qui così come altre decine di persone, mentre migliaia sono gli sfollati e tantissimi
i feriti. Che cosa significa, per lei, a livello personale, tutto questo?
R.
- A parte questi drammi che ci troviamo a dover vivere in questo momento, tenga presente
che nei primi due mesi di episcopato sono morti ben due sacerdoti in piena attività
pastorale, in modo improvviso. Questo è stato ulteriore motivo di grande sofferenza.
Non le nascondo che sento la fatica del momento ma sono confortato, in questo, dall’affetto
che mi mostrano i miei sacerdoti ed i tanti fedeli che incontro nel mio cammino. Insieme
ce la faremo. Ringrazio la Radio Vaticana che, considerandola quasi un ambiente di
famiglia e sapendo il clima spirituale che si vive nel contesto della Santa Sede,
mi permette di potermi esprimere così liberamente, perché queste cose si possono dire
solo a persone che sai possano capirti e comprenderti. E quindi mi affido molto anche
alle preghiere dei radioascoltatori di Radio Vaticana, perché so che ci sono tante
persone impegnate a sostenere la Chiesa con la loro preghiera, il loro sacrificio
ed il loro impegno apostolico.