Afghanistan: carabiniere muore in un'esplosione, il cordoglio di Napolitano
Afghanistan: il carabiniere italiano Manuele Braj, 30enne originario di Galatina è
morto ed altri due militari sono rimasti feriti in seguito ad una esplosione avvenuta
stamani in un campo d’addestramento della polizia afghana ad Adraskan, nell’Afghanistan
occidentale. I militari dell'Arma appartengono ad uno speciale nucleo addestrativo.
Il presidente della Repubblica italiana, Giorgio Napolitano, appresa con profonda
commozione la notizia, ha espresso i suoi sentimenti di solidale partecipazione al
dolore dei familiari del caduto, rendendosi interprete del profondo cordoglio di tutto
il Paese. Dal canto suo, mons. Vincenzo Pelvi, ordinario militare per l’Italia afferma
che la notizia “ancora una volta ferisce il cuore di ogni italiano”, ma “non ci si
può fermare: il lavoro di addestramento che compiono i militari italiani in Afghanistan,
in particolare Carabinieri e Guardia di Finanza, è per la protezione e la sicurezza
di quella gente”. Sulla situazione nel Paese, Giancarlo La Vella ha intervistato
Maurizio Salvi dell'Ansa, appena rientrato da Kabul:
R. – La situazione
è veramente preoccupante soprattutto perché – fra l’altro – arrivano soltanto alcune
delle notizie delle offensive e degli attacchi che i talebani portano avanti quotidianamente.
Bisogna dire che, come ogni anno dopo l’inverno, gli insorti si impegnano in una "offensiva
di primavera-estate" che quest'anno si chiama “offensiva farouk” e che comporta attacchi
in quasi tutte le province del Paese. Abbiamo visto una settimana fa l’attacco in
un hotel e in un parco a poche decine di chilometri da Kabul, ma questa è veramente
una questione quasi quotidiana. Quello che si capisce è che i talebani non sono per
niente interessati al problema che l’Isaf – la Forza internazionale di assistenza
alla sicurezza – si ritirerà entro il 2014. Vogliono affermare la loro forza oggi
e far capire che sono gli unici interlocutori di qualunque scenario si dovesse concretizzare
nei prossimi mesi in Afghanistan.
D. – Qual è la parte debole del governo di
Kabul, che impedisce di avere la meglio su queste forze di opposizione?
R.
– La lunga pratica di cooperazione con l’Occidente, nel senso che in questo momento
Kabul ha firmato una serie di accordi di cooperazione strategica con Stati Uniti,
Giappone, Francia, Gran Bretagna, Italia. Questo ha posto il presidente Karzai in
una posizione evidente di schieramento con l’Occidente, e questo non piace ai talebani
che, invece, sono più propensi a immaginare uno Stato islamico che sia aderente ai
concetti della sharia, la legge islamica, e considera quindi Karzai come un fantoccio.
Bisogna dire che effettivamente Karzai dipende, in questo momento, in gran parte dall’aiuto
occidentale, senza il quale il suo esercito e le sue forze di polizia non potrebbero
andare avanti.
D. – Una situazione nella quale sembra si allontani sempre
di più l’ipotesi di un dialogo con i talebani moderati?
R. – Sì. E’ probabile
che ci sia uno scenario di questo genere: l’Alto Consiglio per la pace, creato da
Karzai, dopo quasi due anni di attività non è riuscito a concludere nulla. Di recente
Karzai ha annunciato che il presidente dell'Alto Consiglio si recherà in Arabia Saudita
e in Pakistan per cercare di creare i presupposti per un rilancio del dialogo. Però
una cosa è certa: i margini sono molto stretti e se un dialogo ci sarà dovrà essere
per forza con i talebani del Consiglio di Quetta che fa riferimento al mullah Omar.
Senza il mullah Omar è molto difficile che si possa mai raggiungere un’ipotesi di
pace in Afghanistan.