L'anima oltre le sbarre: in un libro le storie dei detenuti di Rebibbia
Appuntamento annuale nella sezione penale del Carcere di Rebibbia per la presentazione
del nuovo volume curato dalla religiosa canossiana, suor Rita Del Grosso, che raccoglie
storie e testimonianze degli ospiti della Casa circondariale romana. Ha seguito l'evento
Davide Dionisi:
Tristezza e
poesia vivono insieme nella raccolta di scritti presentata questa mattina nella casa
di reclusione penale di Rebibbia, intitolata "Nel Mio Deserto la tua sorgente". Il
carcere raccontato dal carcere, emozioni e speranze di tanti protagonisti che hanno
voluto mettere nero su bianco il loro quotidiano, vissuto più che in un luogo fisico,
in un ambito dove si intrecciano relazioni umane. Le testimonianze degli ospiti confermano
ancora una volta che la voglia di superare quel senso di smarrimento e di solitudine,
proprie del luogo di detenzione, è forte e può esaudita anche dando alle stampe un
piccolo diario di bordo. Ci spiega perché suor Giampaola Periotto, curatrice
della pubblicazione realizzata dai detenuti:
R. - Quando questi detenuti, questi
nostri fratelli, cominciano a scrivere, buttano fuori tutta la loro anima e quindi
c’è in loro questa necessità di ritrovare il nucleo bello della loro vita. Questo
è il senso della speranza che poi ritorna e possono dire: “Potrò ritornare com’ero
prima”.
D. - Secondo lei, il carcere, in Italia, recupera la persona?
R.
- Non tanto, perché questi nostri carceri sono super affollati. Poi, ci sono poche
esperienze che siano mirate veramente alla persona singola, piuttosto lo sono verso
il gruppo da recuperare oppure a cui far scontare una pena. L’attenzione alla persona
che viene data da noi volontari fa tanto bene a ciascuno ed è quello il punto da cui
ripartono poi per una vita serena, per una vita di speranza.
D. - Perché le
persone si suicidano in carcere?
R. - Perché non hanno futuro e non hanno trovato
il punto d’appoggio cui appigliarsi per poter dire: “Ce la farò”. E quando in loro
viene a mancare l’amicizia di Dio, allora i detenuti dicono: “Non ho futuro, quindi
la vita è in mano mia e me la tolgo”.