Il commento di padre Bruno Secondin al Vangelo della Domenica
Nella Natività di San Giovanni Battista, la liturgia ci presenta il passo del Vangelo
in cui i genitori impongono al precursore di Cristo un nome che desta la meraviglia
di tutti. Il padre, Zaccaria, muto per nove mesi, riprende improvvisamente a parlare:
“Tutti coloro che udivano queste cose le custodivano in cuor loro, dicendo:
'Che sarà mai questo bambino?'. E davvero la mano del Signore era con lui”.
Su
questo brano evangelico ascoltiamo il commento del carmelitano, padre Bruno Secondin,
docente emerito di Teologia spirituale alla Pontificia Università Gregoriana:
Una rarità liturgica
oggi nella Messa: non la domenica normale, ma la memoria della nascita del Battista.
Perché è un evento intimamente legato alla vita di Gesù e alla sua missione: la missione
di Giovanni Battista si intreccia con quella di Gesù. Anche le letture della Messa
mostrano proprio questo incastro tra le due testimonianze. Il Vangelo ricorda il momento
della scelta del nome: nella tradizione ebraica toccava al padre fare la scelta; si
doveva col nome mostrare una continuità familiare. Cose che ancora si conoscono anche
nelle nostre famiglie.
Eppure avviene una rottura sorprendente: contro il parere
della parentela, Elisabetta e Zaccaria scelgono un nome diverso, Giovanni. In ebraico
vuol dire: “il Signore è benigno”: e di fatto questo bambino diventerà testimone di
una grazia che tutto trasforma, precursore e testimone efficace della rivelazione
di “Dio con noi”, l’Emmanuele. E si completa la scena del Vangelo col canto di lode
di Zaccaria, che pur conosciamo bene. Ogni nascita è un mistero, ogni paternità uno
stupore, ogni persona porta in sé qualcosa che appartiene a Dio, e che deve custodire
e donare. Questa scena ci ricordi la bellezza di una vita che sboccia e di ogni famiglia
che la protegge.