Veglia per i migranti morti nei viaggi verso l’Europa. Il cardinale Vegliò: rispettare
i diritti dei rifugiati
Solo nel 2011, oltre duemilia persone hanno perso la vita nella traversata per raggiungere
l’Europa. A loro e ai tanti che continuano a mettere a repentaglio la vita per sfuggire
alla fame e alle persecuzioni è dedicata “Morire di speranza”, veglia di preghiera
ecumenica, organizzata daComunità di Sant’Egidio, Centro Astalli,Federazione
delle Chiese Evangeliche in Italia,Fondazione "Migrantes", Caritas Italiana
ed Acli. Per l’occasione, il cardinale Antonio Maria Vegliò, presidente del dicastero
per i Migranti e gli Itineranti, pronuncerà un'omelia di cui vi anticipiamo i passaggi
principali nel servizio di Marco Guerra:
L’ennesima
tragedia nel Canale di Otranto, in cui hanno perso la vita sette migranti, “deve farci
riflettere su ciò che sta accadendo intorno a noi”. Prende spunto dagli ultimi fatti
di cronaca l’omelia del cardinale Vegliò dedicata a quanti via mare o attraversando
il deserto cercano di approdare nei Paesi sviluppati portando “con sé il sogno di
un nuovo inizio”. Viaggi rischiosi - sottolinea il porporato - durante i quali “spesso
cadono vittime dei contrabbandieri”; criminali che spesso li lasciano soli, a bordo
di vere e proprie carrette del mare. A tali pericoli si aggiunge poi il mancato soccorso
di migranti alla deriva da parte dei mezzi navali dei Paesi europei, che porta a concludere
questi viaggi in “disastri”. Per il presidente del Pontificio Consiglio della Pastorale
per i Migranti, questo accade anche perché “molti governi hanno risposto all'arrivo
dei rifugiati e dei richiedenti asilo con politiche restrittive, abbassando gli standard
umanitari allo scopo di rendere più difficile l’ingresso”. “Attualmente – afferma
ancora il porporato -, senza visto, è quasi impossibile arrivare in aereo in un Paese
europeo e chiedere asilo. Di conseguenza, i rifugiati sono costretti ad affidarsi
ai trafficanti di persone”. Tutto ciò va a scapito delle tre “soluzioni durature”
individuate dal cardinale, ossia “il rimpatrio volontario, il reinsediamento e l'integrazione”.
Per questo motivo, il cardinale Vegliò rilancia l’appello del Papa a “rispettare i
diritti dei rifugiati e dei richiedenti asilo e che essi possano presto ricongiungersi
con i propri cari”. Il porporato infine risponde all’interrogativo su cosa può fare
la comunità cristiana di fronte questo fenomeno, indicando il messaggio di conforto
e speranza diffuso dal Vangelo. “Non sono richiesti particolari sforzi – precisa il
presidente del dicastero vaticano - ma qualcosa che è alla portata di tutti e cioè
praticare le ‘opere di misericordia’”. “Se vogliamo unirci a Gesù - prosegue -, dobbiamo
cominciare ad unirci a quanti sono al margine della società”. “Alla fine – conclude
- ognuno di noi dovrà rispondere a questa realtà”.
Sul significato della Veglia
di stasera, Patricia Ynestroza ha intervistato il padre gesuitaGiovanni
La Manna, presidente del Centro Astalli:
R. - La veglia
è per far memoria delle persone che sono state costrette a lasciare il proprio Paese
scappando, e hanno perso la vita in mare. Noi non sapremo mai il numero reale delle
persone che sono morte nel Mediterraneo o nel tentativo di attraversare il deserto.
Queste persone vanno ricordate soprattutto per dire a chi ha il dovere di governare
questo fenomeno, che bisogna aprire gli occhi e non essere più indifferenti: aiutando
quindi le persone costrette a scappare, affinché per loro sia possibile - in sicurezza
– giungere in quei Paesi firmatari della Convenzione di Ginevra per esercitare il
loro diritto all’asilo politico.
D. - Qual è la situazione dei rifugiati e
degli immigrati in Italia?
R. – La difficoltà dei rifiugiati che arrivano in
Italia è soprattutto quella di arrivare in un Paese dove manca un sistema unitario
definito per la loro accoglienza, che deve essere dignitosa e rispettosa dei loro
diritti.