2012-06-20 11:20:40

Ricostruzione in fase di stallo: lo denuncia mons. Molinari, arcivescovo dell'Aquila


Il recente terremoto che ha colpito l’Emilia e il mantovano, non può farci dimenticare che c’è un’altra popolazione, in un’altra zona d’Italia, che ancora soffre per l’impossibilità di ritornare ad una vita normale. Sono passati infatti oltre tre anni dal sisma che ha sconvolto la città dell’Aquila e numerose località dell’Abruzzo e ancora troppo poco è stato fatto per quanto riguarda la ricostruzione e la ripresa delle attività produttive. E’ quanto conferma l’arcivescovo dell’Aquila, mons. Giuseppe Molinari intervistato da Emanuela Campanile.RealAudioMP3

R. – Purtroppo sì, dobbiamo constatare che dopo tre anni sembra che non si muova niente. Solo qualcosa si è mosso: si stanno ricostruendo le case della categoria A e B e qualcosa della categoria E. Nella parte più vistosa, importante - il centro storico - le chiese, i monumenti antichi, tutto quello che è il volto vero della nostra città, sembra che in tre anni non abbia avuto un cambiamento. Io l’ho detto, l’ho ripetuto ad alta voce, ho invitato tutti alla concordia e a cercare insieme di raggiungere i veri obiettivi, quelli ai quali tutta la gente, il popolo, aspira: la ricostruzione, che certamente ha bisogno dell’aiuto dello Stato, del governo centrale, ma ha bisogno anche di tanta concordia da parte del nostro popolo, delle autorità che ci governano, degli amministratori e dei politici, questa coralità d’intenti, questa concordia che purtroppo manca ed è la nostra grande disgrazia.

D. – A cosa è attribuibile questa situazione di stallo?

R. – Non è facile racchiudere tutto in una parola. Indubbiamente ci sono divisioni politiche, ci sono divisioni di altro genere, ci sono purtroppo gli interessi non sempre limpidi che giocano un ruolo negativo.

D. – In una comunità che non ha più i suoi punti di riferimento fisici - la piazza, la chiesa... - cosa è possibile recuperare? Lei parlava di mancanza di unità...

R. – Per quanto riguarda la nostra chiesa dell’Aquila, io ho toccato con mano che grazie a Dio le nostre comunità vivono ancora nella speranza, una speranza costruttiva. I punti fondamentali, i riferimenti fondamentali alla fede non sono venuti meno: la laboriosità del nostro popolo, la voglia di andare avanti e di ricostruire. Quello che manca, alle volte, purtroppo, è questo riferimento alla politica, all’amministrazione, a quei problemi che il popolo non può risolvere da solo.

D. – Ai rappresentanti, allora, della cosa pubblica che cosa si sente di dire?

R. – Io ripeto ancora per l’ennesima volta quello che ho detto davanti al Santo Padre, quando venne da noi, a poche settimane dopo il sisma, il 28 aprile 2009, quando gli dissi: “Santità, preghi per noi, perché di fronte a queste grandi sfide sappiamo essere uniti e affrontarle tutti insieme”. L’ho ripetuto ai responsabili della politica, dell’amministrazione locale, comunale, provinciale e regionale, l’ho ripetuto soprattutto nel primo anniversario del sisma, quando ho detto: “Questa è un’occasione storica; potete passare alla storia come gente che ha messo al primo posto il bene comune e ha cercato di realizzarlo in tutti i modi, cercando la ricostruzione della città, oppure purtroppo rischiate di passare alla storia come gente che ha cercato solo il proprio interesse e L’Aquila non ha visto più la propria ricostruzione”.

D. – Come padre di questa comunità aquilana che cosa vorrebbe allontanare da essa?

R. – Vorrei allontanare questo spettro della sfiducia, dello scoraggiamento, vorrei che fosse vivo nel cuore un sentimento, prima di tutto, di solidarietà, di concordia. Sappiamo di essere immersi in una grande crisi e dentro c’è anche la nostra crisi del post terremoto, però tutto questo non ci autorizza a rinunciare a impegnarci e a lottare, perché la nostra città possa rinascere. Questo lo speriamo con tutto il cuore e vorrei dirlo proprio con le parole più affettuose, più sincere, più forti, anche a tutti coloro che in questo momento hanno in mano il potere per rendere effettiva questa speranza, per renderla una speranza alla portata di tutti.







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