Incontro di Oasis a Tunisi sulla "primavera araba". Il cardinale Scola: punto di
svolta per Tunisia ed Egitto
"La religione in una società di transizione. Come la Tunisia interpella l'Occidente":
è il tema dell’incontro in corso, oggi e domani a Tunisi, promosso dal comitato scientifico
di “Oasis”, la rivista sul dialogo islamo-cristiano, fondata dal cardinale Angelo
Scola. Proprio il porporato, con un videomessaggio, ha introdotto stamani i lavori
a cui prendono parte 50 personalità di tutto il mondo, ecclesiali e non. Per l'arcivescovo
di Milano, in Tunisia ed Egittto "ci troviamo a un punto di svolta" che "deciderà
il futuro delle rivoluzioni arabe". Tra i relatori all'incontro di "Oasis" c'è anche
il direttore dell’agenzia “Asianews”, padre Bernardo Cervellera, che raggiunto
telefonicamente a Tunisi da Alessandro Gisotti si sofferma sull’inizio dei
lavori del convegno:
R. - Queste
rivoluzioni arabe, che pongono sempre più la domanda sulla loro identità islamica,
come interpellano l’Occidente? Il cardinale Scola vede la possibilità che, da una
parte, una società moderna cristiana e quindi un cristianesimo contemporaneo interpellasse
di più le società arabe contemporanee e nello stesso tempo, però, queste rivoluzioni
arabe domandino all’Occidente secolarizzato cosa abbia fatto della sua dimensione
religiosa.
D. - Una sfida assolutamente da accettare, necessariamente, e questo
il cardinale Scola lo dice e lo scrive da tempo….
R. - E’ una sfida importantissima,
anche perché dice che l’Occidente senza questa spina dorsale di tipo religioso è destinato
all’autodistruzione.
D. - Guardando in particolare alle comunità cristiane:
quali sfide pone - per loro - la “primavera araba”, guardando soprattutto alla Tunisia,
che poi è l’oggetto-soggetto di questo incontro di Oasis?
R. - La sfida è quella
di vedere se nel futuro di questi Paesi ci sia spazio e libertà per i cristiani, per
una cittadinanza - diciamo così - a corpo pieno. La cosiddetta “Rivoluzione del gelsomino”,
iniziata qui in Tunisia, è venuta fuori come una grande fiammata di desiderio di dignità,
di lavoro, di lotta alla corruzione e così via, ma anche come desiderio di libertà.
Queste rivoluzioni sono minacciate, di fatto, da correntifondamentaliste che
vogliono applicare la sharia, la legge islamica in tutto e per tutto. Il futuro
di queste comunità cristiane è molto precario. Devo dire, però, che alcuni dei relatori
di oggi hanno messo in luce anche la precarietà ancora di queste rivoluzioni, perché
non si sono ancora stabilizzate. C’è un cammino da fare, in cui sia musulmani che
cristiani possono dare il loro contributo.
D. - In che modo la Tunisia, il
caso tunisino, interpella l’Occidente?
R. - Il caso tunisino interpella l’Occidente
anzitutto per due fatti. Uno riguardo al passato, perché questa rivoluzione, che è
avvenuta in Tunisia,lo è stata anzitutto per il desiderio del cuore dei tunisini e
non, assolutamente, una rivoluzione importata dall’esterno. L’altra cosa è che, comunque,
questa rivoluzione di fatto è una specie di "cavia" per verificare la possibilità
di una società in cui modernità e islam possano andare insieme.