Il bambino africano, dono di Dio, emissario degli Antenati
Durante il mese di giugno, il continente africano celebra due grandi eventi che vedono
protagonisti i bambini. Il 3 giugno la Chiesa, in Africa come altrove, commemora
i martiri dell’Uganda, tra i quali ricordiamo le due figure emblematiche di Charles
Lwanga e Kizito, proclamati patroni della gioventù africana. Il 3 giugno 1886 questi
due giovani scelsero il martirio per amore di Cristo, rifiuntando le condizioni imposte
dal Re Mwanga, incompatibili con la loro identità cristiana. Il 16 giugno di ciascun
anno, dal 1990, il continente ricorda invece un gruppo di scolari di Soweto, massacrati
il 16 giugno del 1976 sotto il regime sudafricano di apartheid, allora in vigore:
protestavano contro l’ingiunzione dell’insegnamento esclusivo in lingua afrikaans,
in difesa della propria identità multi-culturale.
Questi due avvenimenti
dimostrano come i bambini africani sono il riflesso di quello a cui guardano molti
adulti delle stesse comunità: la libertà religiosa e la conservazione del patrimonio
culturale. In effetti, in numerose società tradizionali africane, è diffusa
una concezione ciclica della vita, secondo la quale i neonati che vengono al mondo
sarebbero emissari degli Antenati. Dopo la crescita e la permanenza nel mondo dei
vivi, nel momento della morte essi si ricongiungono con gli Antenati, assicurando
in tal modo il legame tra i vivi e i morti. I bambini sono considerati pertanto come
elemento di comunione tra i due mondi. In quanto emissari degli Antenati, dunque
portatori di buon auspicio, i bambini sono generalmente protetti e curati; purtroppo
però questo giustifica anche un comportamento esattamente opposto, sebbene in casi
a oggi marginali: in certe comunità i bimbi nati con malformazioni sono considerati
come simbolo della sfortuna, spesso abbandonati a loro stessi e costretti a subire
riti di espiazione.
Diversa la visione del cristianesimo che sottolinea la
dignità fondamentale di ogni persona, uomo/donna, è creato da Dio a sua immagine e
somiglianza. Ogni persona umana è amata da Dio, è unica, diversa dagli altri. Ogni
persona umana si trova in rapporto con Dio e Dio desidera che ciascuno si sviluppi
fino alla salvezza eterna. Quindi, il cristianesimo è un punto di riferimento forte
per l’atteggiamento delle società verso ogni persona umana, compresi i bambini, i
giovani, anche nei periodi di grandi cambiamenti culturali e sociali.
La Chiesa
in Africa riconosce ai giovani molti merito. L’Esortazione post-Sinodale Africae
Munus li considera come dono di Dio all’umanità, fonte di speranza, di rinnovamento
e di vita nella società. Già il Signore Gesù aveva manifestato il suo amore per i
più piccoli, e per coloro che sono ugualmente «puri di cuore», come i bambini. Oggi,
la famiglia africana tradizionale subisce le mutazioni imposte dal cambiamento della
società, ad esempio il passaggio dalla vita nelle comunità rurali alla modernità offerta
dai grandi centri urbani. L’inadeguatezza di certe tradizioni al contesto cittadino
rende più fragile l’istituzione della famiglia, che entra in crisi d’identità e si
indebolisce, in questo sistema sociale che la pone dinanzi a numerose sfide, come
l’educazione e la presa in carico dei bambini. Il malessere è espresso in questi
ultimi anni dall’aumento dei casi di bambini accusati di stregoneria. Questo fenomeno
è in espansione specialmente nei contesti urbani di molti paesi del continente e,
secondo gli esperti, si tratta di una reazione ad una situazione di crisi profonda
e generalizzata, che attraversa la società in Africa a Sud del Sahara. Tale nuova
forma di credenza chiamata «stregoneria infantile», dalla diffusione impressionante,
risulta in rottura con il modello di «stregoneria tradizionale», attribuito soprattutto
agli anziani che, avvicinandosi con l’età al mondo degli Antenati, sono considerati
come detentori di una sorta di «forza vitale», da usare per fare del bene, ma anche
per nuocere...
Contrariamente al fenomeno dei bambini-soldato, generalmente
limitato alle zone di conflitto, e allo sfruttamento del lavoro minorile nei contesti
più poveri, la realtà dei cosiddetti "bambini stregoni" tocca un nervo sensibile
dell’africano – nelle culture africane: la visione fondamentalmente religiosa del
mondo. È spesso difficile scindere la dimensione religiosa da quella culturale nel
continente, che mantiene sempre una porta aperta alla superstizione. Così, il bambino
cosiddetto ‘stregone’ diviene «attore sociale» ed occupa uno spazio sempre più centrale
nella sfera pubblica. Considerato responsabile di eventi che generano tensioni familiari,
come decessi, malattie gravi, perdita di lavoro, disgregazione della famiglia, eccetera,
sarebbe proprio il bambino ad attirare ogni sorta di sfortuna sulla famiglia; egli
diviene dunque un elemento pericoloso del quale è necessario «sbarazzarsi». Questi
bambini vengono abbandonati, devono lasciare la famiglia, il quartiere, la loro città
e addirittura, a volte, la regione. La vita di strada non è certo un paradiso, per
loro, costretti in certi casi a confrontarsi con ogni forma di violenza, proprio da
parte di coloro i quali avrebbero invece il compito di proteggerli. Alcuni poliziotti
non esitano a percuoterli: un rituale, secondo loro, per esorcizzare le presunte «cattive
inclinazioni» di questi bambini. E non mancano i genitori che ricorrono addirittura
ai «riti di liberazione», offerti dalla moltitudine di chiese dette «del Risveglio»,
che proliferano sul continente.
Questo fenomeno finisce così per essere
in molti casi un pretesto: posti dinanzi alla povertà estrema e alla dissoluzione
della solidarietà familiare nei contesti urbani, i genitori evocano la stregoneria
per «pulirsi la coscienza», e giustificare l’abbandono dei propri figli.
La
pastorale della Chiesa è costretta a confrontarsi con un problema culturale grave
e deve cercare di formare le coscienze, le abitudini delle famiglie, ma anche di creare
strutture di vita civile conformi alla dignità di ogni persona umana e favorevoli
allo sviluppo e all’inserimento di ogni giovane nella società.
A cura di
Marie-José Muando Buabualo, programma francese per l’Africa.