2012-06-18 15:04:23

Il bambino africano, dono di Dio, emissario degli Antenati


Durante il mese di giugno, il continente africano celebra due grandi eventi che vedono protagonisti i bambini.
Il 3 giugno la Chiesa, in Africa come altrove, commemora i martiri dell’Uganda, tra i quali ricordiamo le due figure emblematiche di Charles Lwanga e Kizito, proclamati patroni della gioventù africana. Il 3 giugno 1886 questi due giovani scelsero il martirio per amore di Cristo, rifiuntando le condizioni imposte dal Re Mwanga, incompatibili con la loro identità cristiana.
Il 16 giugno di ciascun anno, dal 1990, il continente ricorda invece un gruppo di scolari di Soweto, massacrati il 16 giugno del 1976 sotto il regime sudafricano di apartheid, allora in vigore: protestavano contro l’ingiunzione dell’insegnamento esclusivo in lingua afrikaans, in difesa della propria identità multi-culturale.

Questi due avvenimenti dimostrano come i bambini africani sono il riflesso di quello a cui guardano molti adulti delle stesse comunità: la libertà religiosa e la conservazione del patrimonio culturale.
In effetti, in numerose società tradizionali africane, è diffusa una concezione ciclica della vita, secondo la quale i neonati che vengono al mondo sarebbero emissari degli Antenati. Dopo la crescita e la permanenza nel mondo dei vivi, nel momento della morte essi si ricongiungono con gli Antenati, assicurando in tal modo il legame tra i vivi e i morti. I bambini sono considerati pertanto come elemento di comunione tra i due mondi.
In quanto emissari degli Antenati, dunque portatori di buon auspicio, i bambini sono generalmente protetti e curati; purtroppo però questo giustifica anche un comportamento esattamente opposto, sebbene in casi a oggi marginali: in certe comunità i bimbi nati con malformazioni sono considerati come simbolo della sfortuna, spesso abbandonati a loro stessi e costretti a subire riti di espiazione.

Diversa la visione del cristianesimo che sottolinea la dignità fondamentale di ogni persona, uomo/donna, è creato da Dio a sua immagine e somiglianza. Ogni persona umana è amata da Dio, è unica, diversa dagli altri. Ogni persona umana si trova in rapporto con Dio e Dio desidera che ciascuno si sviluppi fino alla salvezza eterna. Quindi, il cristianesimo è un punto di riferimento forte per l’atteggiamento delle società verso ogni persona umana, compresi i bambini, i giovani, anche nei periodi di grandi cambiamenti culturali e sociali.

La Chiesa in Africa riconosce ai giovani molti merito. L’Esortazione post-Sinodale Africae Munus li considera come dono di Dio all’umanità, fonte di speranza, di rinnovamento e di vita nella società. Già il Signore Gesù aveva manifestato il suo amore per i più piccoli, e per coloro che sono ugualmente «puri di cuore», come i bambini.
Oggi, la famiglia africana tradizionale subisce le mutazioni imposte dal cambiamento della società, ad esempio il passaggio dalla vita nelle comunità rurali alla modernità offerta dai grandi centri urbani.
L’inadeguatezza di certe tradizioni al contesto cittadino rende più fragile l’istituzione della famiglia, che entra in crisi d’identità e si indebolisce, in questo sistema sociale che la pone dinanzi a numerose sfide, come l’educazione e la presa in carico dei bambini.
Il malessere è espresso in questi ultimi anni dall’aumento dei casi di bambini accusati di stregoneria. Questo fenomeno è in espansione specialmente nei contesti urbani di molti paesi del continente e, secondo gli esperti, si tratta di una reazione ad una situazione di crisi profonda e generalizzata, che attraversa la società in Africa a Sud del Sahara.
Tale nuova forma di credenza chiamata «stregoneria infantile», dalla diffusione impressionante, risulta in rottura con il modello di «stregoneria tradizionale», attribuito soprattutto agli anziani che, avvicinandosi con l’età al mondo degli Antenati, sono considerati come detentori di una sorta di «forza vitale», da usare per fare del bene, ma anche per nuocere...

Contrariamente al fenomeno dei bambini-soldato, generalmente limitato alle zone di conflitto, e allo sfruttamento del lavoro minorile nei contesti più poveri, la realtà dei cosiddetti "bambini stregoni" tocca un nervo sensibile dell’africano – nelle culture africane: la visione fondamentalmente religiosa del mondo. È spesso difficile scindere la dimensione religiosa da quella culturale nel continente, che mantiene sempre una porta aperta alla superstizione.
Così, il bambino cosiddetto ‘stregone’ diviene «attore sociale» ed occupa uno spazio sempre più centrale nella sfera pubblica. Considerato responsabile di eventi che generano tensioni familiari, come decessi, malattie gravi, perdita di lavoro, disgregazione della famiglia, eccetera, sarebbe proprio il bambino ad attirare ogni sorta di sfortuna sulla famiglia; egli diviene dunque un elemento pericoloso del quale è necessario «sbarazzarsi».
Questi bambini vengono abbandonati, devono lasciare la famiglia, il quartiere, la loro città e addirittura, a volte, la regione. La vita di strada non è certo un paradiso, per loro, costretti in certi casi a confrontarsi con ogni forma di violenza, proprio da parte di coloro i quali avrebbero invece il compito di proteggerli. Alcuni poliziotti non esitano a percuoterli: un rituale, secondo loro, per esorcizzare le presunte «cattive inclinazioni» di questi bambini. E non mancano i genitori che ricorrono addirittura ai «riti di liberazione», offerti dalla moltitudine di chiese dette «del Risveglio», che proliferano sul continente.

Questo fenomeno finisce così per essere in molti casi un pretesto: posti dinanzi alla povertà estrema e alla dissoluzione della solidarietà familiare nei contesti urbani, i genitori evocano la stregoneria per «pulirsi la coscienza», e giustificare l’abbandono dei propri figli.

La pastorale della Chiesa è costretta a confrontarsi con un problema culturale grave e deve cercare di formare le coscienze, le abitudini delle famiglie, ma anche di creare strutture di vita civile conformi alla dignità di ogni persona umana e favorevoli allo sviluppo e all’inserimento di ogni giovane nella società.

A cura di Marie-José Muando Buabualo, programma francese per l’Africa.







All the contents on this site are copyrighted ©.