Secondo turno delle presidenziali in Egitto: l’Onu auspica uno svolgimento pacifico
Il segretario generale dell'Onu, Ban Ki-moon, afferma di seguire con attenzione il
processo delle elezioni presidenziali in Egitto, tappa “molto importante” della transizione
verso una maggiore democrazia nel Paese. Dopo la bocciatura giovedì della legge elettorale
da parte della Corte Costituzionale, e dunque la delegittimazione del Parlamento eletto
con tale legge, Ban auspica che il secondo turno delle presidenziali si svolga domani
in un clima “pacifico”. Il servizio di Amina Belkassem
La
sentenza della Corte costituzionale ha abrogato la legge elettorale - che impediva
agli esponenti del vecchio regime di entrare in politica - e ha delegittimato il parlamento
appena eletto. E ha eliminato gli ostacoli alla corsa alla presidenza di Shafiq, ultimo
premier del governo Mubarak. I Fratelli musulmani parlano di golpe nonostante il loro
candidato al ballottaggio, Mohamed Morsi, abbia detto che la sentenza va rispettata.
La decisione scontenta anche i partiti laici che parlano di controrivoluzione. preoccupazione
per la decisione della Corte costituzionale di sciogliere il Parlamento è stata espressa
dagli Stati Uniti. C’è quindi una volontà di mantenere una continuità di potere nelle
mani delle forze armate? Marco Guerra lo ha chiesto a Paolo Branca,
docente di Storia dei Paesi islamici all’Università Cattolica di Milano:
R. – Sicuramente
l’esercito in Egitto è una grossa forza sul territorio perché lo controlla ed è anche
una grossissima forza economica, circa il 30-40% dell’economia egiziana passa per
le mani dell’esercito. Quindi, se anche non si espone direttamente, dietro le quinte
lavora e lavorerà comunque con chiunque sarà a prevalere. Certamente, questo è forse
inevitabile: dagli anni ’50 il potere è nelle mani dell’esercito e non si può, da
un giorno all’altro, voltare pagina in modo troppo brusco, eliminando uno dei grandi
protagonisti della vita del Paese.
D. – L’Egitto è un punto di riferimento
per tutti i Paesi arabi; questa persistente instabilità, quali conseguenze può avere
sugli equilibri della regione?
R. – La persistenza del caos porta ad una non
soluzione di tanti problemi, che sono aperti sia nel Paese che nella regione e questo
potrebbe perfino essere gradito, a chi teme che magari una o l’altra delle parti che
si contendono il Paese possano prevalere. È un Paese però di 80 milioni di persone,
strategico per tanti motivi: il Canale di Suez, la pace con Israele ecc. Tirare le
cose per le lunghe, non credo che alla fine sia una politica che possa avvantaggiare
veramente i diretti interessati. Penso che anche il caos in cui versa attualmente
l’Egitto, sia stato favorito e sia anche gradito da chi non vuole che ci sia un ruolo
di leadership egiziana all’interno del mondo arabo.
D. – Dopo la parcellizzazione
del voto al primo turno, quale candidato riuscirà a concentrare più consensi domenica?
R.
– Questo è molto difficile dirlo, perché come si è visto i Fratelli musulmani, o comunque
le correnti religiose, dopo aver detto in un primo tempo che non avrebbero presentato
un loro candidato ne hanno presentati ben due. Si sono spaccati ed hanno visto nascere
anche la componente salafita, che era imprevista ed è probabilmente finanziata dai
Paesi del Golfo. Quindi bisognerà vedere se al momento del ballottaggio queste forze
divise, dello stesso fronte, sapranno coalizzarsi. Dall’altra parte, c’è da dire anche
che la gente è molto stanca di questa continua insicurezza, di queste continue manifestazioni
e non va trascurata anche la componente copta, che sicuramente voterà per il candidato
avverso al capo dei Fratelli musulmani. Temo che chiunque dei due la spunti, ci sarà
una lunga scia di manifestazioni e di scontenti, che possono ancora a lungo travagliare
la vita del Paese, che avrebbe invece bisogno di stabilità e tranquillità per riprendersi,
soprattutto dal punto di vista economico.