Il Papa all’udienza generale: in un mondo che si fida di sé, impariamo a confidare
in Dio nella preghiera
La preghiera, “respiro dell’anima”, è un’oasi di pace in cui possiamo attingere “l’acqua
che alimenta la nostra vita spirituale e trasforma la nostra esistenza”. Questa l’immagine
usata stamani, durante l’udienza generale in Aula Paolo VI, da Benedetto XVI nella
catechesi dedicata alla seconda Lettera di San Paolo ai Corinzi. “Nella preghiera
– ha detto il Santo Padre – apriamo il nostro animo al Signore affinché Egli venga
ad abitare la nostra debolezza, trasformandola in forza per il Vangelo”. Il servizio
di Amedeo Lomonaco:
San Paolo –
ha ricordato il Papa – di fronte a chi contestava la legittimità del suo apostolato,
non elenca “le comunità che ha fondato, i chilometri che ha percorso”. Non si limita
a ricordare le difficoltà e le opposizioni che ha affrontato per annunciare il Vangelo…
“...ma
indica il suo rapporto con il Signore, un rapporto così intenso da essere caratterizzato
anche da momenti di estasi, di contemplazione profonda; quindi non si vanta di ciò
che ha fatto lui, della sua forza, delle sua attività e successi, ma si vanta dell’azione
che ha fatto Dio in lui e tramite lui”.
“L’incontro quotidiano con il Signore
e la frequenza ai sacramenti” – ha aggiunto il Santo Padre – permettono di aprire
mente e cuore “alla sua presenza, alle sue parole, alla sua azione”.
“E
Dio ci attira verso di sé, ci fa salire il monte della santità, perché siamo sempre
più vicini a Lui, offrendoci lungo il cammino luci e consolazioni”.
Il
Signore ha attirato a sé San Paolo, in modo totale, al momento della sua conversione
sulla via di Damasco. E all’Apostolo il Risorto rivela che la “la forza si manifesta
pienamente nella debolezza”. In San Paolo – ha spiegato il Papa – non prevalgono le
debolezze, le persecuzioni e le angosce sofferte per il Signore perché in lui dimora
“la potenza di Cristo”:
“Il suo atteggiamento fa comprendere che
ogni difficoltà nella sequela di Cristo e nella testimonianza del suo Vangelo può
essere superata aprendosi con fiducia all’azione del Signore”.
San Paolo
è ben consapevole di essere “un vaso di creta” in cui Dio pone “la ricchezza e la
potenza della sua Grazia”. Ma comprende con chiarezza come affrontare e vivere ogni
evento:
“Nel momento in cui si sperimenta la propria debolezza, si
manifesta la potenza di Dio, che non abbandona, non lascia soli, ma diventa sostegno
e forza (...) Questo vale anche per noi. Il Signore non ci libera dai mali, ma ci
aiuta a maturare nelle sofferenze, nelle difficoltà, nelle persecuzioni. La fede,
quindi, ci dice che, se rimaniamo in Dio, se anche il nostro uomo esteriore si va
disfacendo, ci sono tante difficoltà, quello interiore invece si rinnova, matura di
giorno in giorno proprio nelle prove”.
Nella misura in cui
cresce “la nostra unione con il Signore e si fa intensa la nostra preghiera”, comprendiamo
che non è la potenza dei nostri mezzi che realizza il Regno di Dio...
"...ma
è Dio che opera meraviglie proprio attraverso la nostra debolezza, la nostra inadeguatezza
all'incarico. Dobbiamo, quindi, avere l’umiltà di non confidare semplicemente in noi
stessi, ma di lavorare, con l'aiuto del Signore, nella vigna del Signore, affidandoci
a Lui come fragili vasi di creta”.
“Solo la fede, il confidare nell'azione
di Dio è la garanzia di non lavorare invano”. In un mondo in cui il rischio è di confidare
solamente “sull’efficienza e la potenza dei mezzi umani”, si deve riscoprire “la potenza
della preghiera”. “Contemplare il Signore – ha affermato il Papa – è, allo stesso
tempo, affascinante e tremendo”:
“Affascinante perché Egli ci attira a sé
e rapisce il nostro cuore verso l’alto, portandolo alla sua altezza dove sperimentiamo
la pace, la bellezza del suo amore; tremendo perché mette a nudo la nostra debolezza
umana, la nostra inadeguatezza, la fatica di vincere il Maligno che insidia la nostra
vita, quella spina conficcata anche nella nostra carne”.
Per affrontare
ogni avversità, come San Paolo, è importante preservare “la fedeltà del rapporto con
Dio”, soprattutto nelle situazioni di aridità, di difficoltà, di apparente assenza
di Dio: “Quanto più spazio diamo alla preghiera, tanto più – ha osservato Benedetto
XVI – vedremo che la nostra vita si trasformerà e sarà animata dalla forza concreta
dell’amore di Dio”. Così avvenne – ha ricordato infine il Papa – per la Beata Madre
Teresa di Calcutta, che “nella contemplazione di Gesù trovava la ragione ultima e
la forza incredibile per riconoscerlo nei poveri e negli abbandonati, nonostante la
sua fragile figura”:
“La contemplazione di Cristo nella nostra vita non
ci estranea dalla realtà, bensì ci rende ancora più partecipi delle vicende umane,
perché il Signore, attirandoci a sé nella preghiera, ci permette di farci presenti
e prossimi ad ogni fratello nel suo amore”.
All’udienza generale ha partecipato
anche una delegazione del Comitato di beatificazione di Giuseppe Toniolo che ha consegnato
al Papa le reliquie del Beato. Il suo messaggio – aveva detto il Santo Padre lo scorso
29 aprile, giorno della beatificazione – è di grande attualità: “il Beato Toniolo
indica la via del primato della persona umana e della solidarietà”.