Siria: l'opposizione anti-Assad elegge nuovo capo, stallo del piano di pace Annan
Non cessano le violenze in Siria: 83 i civili uccisi solo ieri, secondo l’Osservatorio
per i diritti umani che parla di oltre 14.100 vittime dall'inizio del conflitto. Intanto,
Israele ha annunciato che porterà aiuti nei Paesi dove ci sono sfollati siriani e
nella notte a Istanbul il Consiglio nazionale siriano, che riunisce tutte le opposizioni
al governo di Damasco, ha eletto il suo nuovo capo, il curdo Abdulbaset Sieda, che
ha subito affermato: “Il regime siriano volge al termine”. Dal canto suo, il ministro
degli Esteri russo, Lavrov, ha affermato che Mosca non si opporrebbe alla partenza
di Assad. FrancescaSabatinelli ha intervistato NatalinoRonzitti,
professore di diritto internazionale, e consigliere scientifico dell’Istituto Affari
Internazionali, sull'ipotesi di un intervento armato internazionale contro la Siria:
R. – Da giurista
io sono contrario all’“intervento umanitario”, se non è deciso dal Consiglio di sicurezza
delle Nazioni Unite. Ritengo che l’autorizzazione del Consiglio di Sicurezza per la
Francia, e specialmente per gli Stati Uniti, sta diventando la foglia di fico, perché
altre volte i due Paesi e la Nato sono intervenuti senza nessuna autorizzazione al
Consiglio di Sicurezza, vedi il Kosovo. Probabilmente un’altra possibilità c’è ed
è quella di fare un’azione piuttosto intensa nei confronti del regime, affinché questa
situazione comporti non solo la partenza di Assad, ma anche l’ingresso, con il consenso
della Siria, in territorio siriano di una forza di pace, che possa mantenere l’ordine
e la pace.
D. – Perché non provare ad intimare a Bashar al Assad di arrestarlo
e portarlo davanti alla Corte penale internazionale dell’Aja con l’accusa di crimini
contro l’umanità? Ci sono gli estremi perché questo possa avvenire?
R. – Nel
caso concreto ci sono queste stragi, ovviamente c’è anche una presunzione di innocenza.
Quello che è accaduto, e, purtroppo, sta accadendo, in Siria, può esser configurato
come un crimine contro l’umanità e quindi è sotto la giurisdizione della Corte penale
internazionale. Il problema è che la Siria non ha ratificato lo statuto della Corte
e quindi in questo caso la Corte penale internazionale può avere giurisdizione solo
se la questione è deferita dal Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite. Un po’
quello che è accaduto con la Libia di Gheddafi, con la risoluzione 1970.
D.
– Che cosa potrebbe effettivamente far funzionare il piano di pace di Kofi Annan?
R.
– Il piano di Kofi Annan non funziona, è purtroppo praticamente già morto. Qui la
comunità internazionale si deve decidere. Tutti sono titubanti e non vogliono ripetere
una situazione tipo Libia, cioè che per un intervento umanitario sarebbe necessaria
una risoluzione del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. Rendiamoci conto,
però, che gli occidentali, da un po’ di tempo a questa parte, hanno affermato che
si può intervenire senza una risoluzione del Consiglio di sicurezza per motivi umanitari.
Insomma, si trincerano dietro lo schermo della risoluzione del Consiglio di sicurezza,
perché nessuno vuole intervenire militarmente.
D. – Lavrov, il ministro degli
Esteri di Mosca ha ripetuto che la Russia potrebbe non opporsi ad una partenza di
Assad. Pensare che Assad possa lasciare la Siria in questo momento o possa essere
cacciato dagli stessi siriani sembra una possibilità estremamente remota...
R.
– Nel momento attuale, la possibilità che Assad possa essere cacciato dagli stessi
siriani è remota. Intanto, si potrebbe avere un intervento più deciso da parte delle
Nazioni Unite. Non si possono mandare degli osservatori delle Nazioni Unite disarmati,
i quali sono spesso oggetto di violenza bellica da parte di franchi tiratori e quindi
non possono nemmeno difendersi.
D. – Quando Kofi Annan ha presentato questa
sorta di gruppo di contatto, del quale fanno parte le grandi potenze - anche tutti
i Paesi coinvolti però nella regione, compreso l’Iran - questa ipotesi ha sollevato
anche le critiche dell’Italia, perché il ministro degli Esteri, Terzi, ha escluso
questa possibilità. Secondo lei, invece - e questo è quello che insiste nel dire la
Russia, ad esempio - ha senso? Avrebbe senso il coinvolgimento dell’Iran?
R.
– In linea di principio sì, però anche l’Iran è sotto embargo: è oggetto di sanzioni
da parte della comunità internazionale. Quindi, in questo momento credo che l’Iran
non abbia nessuna chance di essere coinvolto e non possa essere coinvolto. Le chiavi
della situazione per ora si trovano nelle mani della Russia, anche della Cina, ma
in particolare della Russia. Probabilmente bisogna agire in maniera efficace nei confronti
della Federazione russa ed assicurare a Mosca certe soluzioni. Ad esempio, per quanto
riguarda le “facilities” navali che ha in Siria dire che queste possano essere mantenute.
Io credo che sia una situazione molto complessa, molto pericolosa, perché c’è poi
– e già ne abbiamo avuto le avvisaglie – il rischio che il conflitto "travasi" nel
Libano, e tra l’altro noi italiani in Libano siamo molto interessati, perché abbiamo
le nostre forze di pace nell’ambito delle Nazioni Unite.