2012-06-09 14:24:02

Mali a rischio guerra interna: aumenta l'emergenza profughi


Sempre tesa la situazione in Mali, a rischio guerra interna. Ieri, il presidente del Burkina Faso, Blaise Compaoré, mediatore dell'Ecowas (Comunità economica degli Stati dell'Africa occidentale) ha incontrato, a Ouagadougou, una delegazione del Movimento nazionale di liberazione dell'Azawad, una delle formazioni armate impegnate nel nord del Mali. Sull'esito della trattativa c'è il massimo riserbo. Negli ultimi giorni, dopo il fallito tentativo di fusione, ci sono stati scontri tra tuareg e i jihadisti di Ansar Dine. Al Sud, intanto ,si è ristabilito l’ordine dopo il golpe dei militari di fine marzo, ma su tutto grava lo spettro delle guerra armata contro i terroristi del Nord. Drammatica la situazione umanitaria: circa 80 mila persone, tra cui 25 mila bambini, sarebbero profughi in Burkina Faso. Massimiliano Menichetti ha raggiunto telefonicamente, a Kati, suor Miriam, responsabile nella capitale Bamako, delle Suore Missionarie dell’Immacolata Regina Pacis:RealAudioMP3

R. – La popolazione vive questa transizione implorando la pace: sia musulmani che cristiani, tutti cercano di avere un dialogo anche se si capisce che con questo gruppo islamico - che più che un gruppo islamico è un gruppo terrorista - la pace, il dialogo, sono difficili.

D. – Preoccupa questa alleanza tra i ribelli tuareg e i militanti islamici di Ansar Dine legati ad al Qaeda?

R. – Certo: preoccupa perché c’è questa insicurezza per cui non si sa come andrà a finire anche se la popolazione, il grosso della popolazione – anche i tuareg – dice che il Mali è uno.

D. – Circa 25 mila bambini sono profughi in Burkina Faso, oltre a 60 mila adulti. C’è un fenomeno anche di uscita dal Paese?

R. – Sì e da subito. Da quando c’è stato il colpo di Stato c’è stato questo esodo perché la zona è pericolosa: applicano la sharìa. Per questo c’è stato l’esodo nel Paese di Zili ma anche all’interno dello Stato, cioè dal Nord adesso stanno venendo verso il Sud …

D. – Si corre il rischio addirittura di una guerra?

R. – Sì, il problema è quello. I Paesi limitrofi – Algeria, Libia, Mauritania – dichiarano che bisogna arrivare alla guerra contro la parte Nord del Paese perché non c’è dialogo. La preoccupazione c’è, perché loro continuano a essere forniti di armi che non riusciamo a capire da dove passino, mentre l’esercito maliano non ha queste possibilità e quindi ha bisogno di un intervento internazionale, perché da solo non ce la fa.

D. – A Bamako, dopo il colpo di Stato, qual è la situazione?

R. – A Bamako la vita continua normalmente. Fino alla settimana scorsa c’erano ancora i militari che sorvegliavano gli accessi alle città; questa ultima settimana hanno tolto anche le barriere.

D. – Il golpe dei militari ha stabilizzato la situazione al Sud ma di fatto ha accentuato ancora di più i problemi con il Nord?

R. – Questo colpo di Stato, che non voleva essere di potere ma di denuncia perché non c’è democrazia, l’ha messo in evidenza perché si sapeva che la zona era di contrabbando, di passaggio di armi di droga e tutto quello che c’è dietro. E quindi si vorrebbe eliminare questo corridoio.

D. – Tutto questo accade proprio in Mali, uno dei Paesi che ha vissuto una terribile carestia l’anno scorso …

R. – Il Paese non ha abbastanza cibo, ha fame. Tutto quello che può arrivare per aiutare a nutrire questo popolo, è benvenuto.

D. – Vuole lanciare un appello attraverso i microfoni della Radio Vaticana?

R. – L’appello è pregare perché solo con un miracolo si può trovare la pace. Noi crediamo che il Signore possa intervenire perché si riesca a superare questa crisi con il dialogo. I cristiani qui fanno una preghiera tutti i giorni e in tutti i gruppi, la preghiera di San Francesco di Assisi: “Laddove c’è odio, che ci sia la pace”. Quindi l’appello a chi ci sente, si unisca in questa preghiera perché questo popolo non entri in guerra perché sappiamo che la guerra porta vedove, orfani e rancore nei cuori.

D. – C’è anche un’iniziativa che coinvolge tutte le religioni presenti...

R. –Tutte le forze religiose si sono unite in momenti anche pubblici di preghiera per implorare la pace e si continua, tutte le religioni insieme: musulmani, cattolici, protestanti, tutte le religioni presenti sul territorio. Questa preghiera c’è ed è incessante.







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