2012-06-08 15:44:46

Legge 194 al vaglio della Consulta. D'Agostino: serve un diritto europeo a difesa della vita


Le legge 194 sull’aborto sarà al vaglio della Consulta il prossimo 20 giugno a seguito del ricorso presentato dal tribunale di Spoleto lo scorso gennaio che ha chiesto l’esame di costituzionalità della norma dopo la domanda di una minorenne di abortire senza coinvolgere i genitori. In particolare l’articolo invocato, su cui la Consulta è chiamata a pronunciarsi è il n. 4 che però non riguarda le minorenni. Dunque la questione al vaglio è ben più ampia come spiega, al microfono di Gabriella Ceraso, il presidente dell'Unione Giuristi Cattolici italiani, Francesco d’Agostino:RealAudioMP3

R. - L’articolo della Legge 194 che riguarda le minorenni è l’articolo 12. L’articolo 4 riguarda, invece, tutti gli aborti di minorenni e di maggiorenni, compiuti nei primi 90 giorni di gravidanza.

D. - Quindi il caso in esame potrebbe avere conseguenze sull’intero impianto della legge?

R. - Esatto. Il giudice ha chiesto alla Corte Costituzionale di valutare se la grande discrezionalità che è riconosciuta alle donne che chiedono un aborto legale nei primi 90 giorni di gravidanza, è giustificata o no. Attualmente, in base all’articolo 4, un aborto è consentito quando la gravidanza comporta un serio pericolo per la salute fisica o psichica della donna. Attenzione però: questo pericolo va letto in relazione non solo allo stato di salute della donna, ma anche alle sue condizioni economiche, sociali e familiari o alle circostanze in cui è avvenuto il concepimento.

D. - Nel caso di una minorenne, si è arrivati al giudice tutelare seguendo un iter stabilito da questa legge. Questo giudice ha ritenuto che la norma della legge 194 sarebbe in contrasto con quanto previsto dalla Corte di Giustizia Ue il 18 ottobre del 2011 e poi in contrasto anche con altri articoli della Costituzione sulla tutela dei diritti inviolabili dell’uomo, dei diritti alla salute, del diritto all’assistenza sanitaria ed ospedaliera. Che cosa significa questo?

R. - Significa che la Corte europea di giustizia, pochi mesi fa, ha elaborato una sentenza che è davvero rivoluzionaria perché ha riconosciuto che il principio della dignità umana si applica ad ogni individuo umano sin dal concepimento, quindi ai nascituri e agli embrioni stessi. Così la Corte europea di giustizia ha, in qualche modo, revocato in dubbio il principio su cui si era mossa la Corte costituzionale italiana tanti anni fa per giustificare la costituzionalità della legge sull’aborto, quando aveva stabilito che tra gli interessi della donna - che è persona - e gli interessi del nascituro - che persona deve ancora diventare - dovrebbero legittimamente essere considerati prevalenti gli interessi abortivi della donna. Questo argomento non vale più, perché la differenza tra donna e nascituro dal punto di vista della dignità personale è stata negata dalla Corte europea di giustizia.

D. - Dato che la Corte europea ha un parere vincolante, secondo lei, quale sarà la posizione della Corte Costituzionale a questo punto?

R. - La Corte Costituzionale italiana dovrebbe aver il coraggio di leggere nella sentenza della Corte europea di giustizia non tanto un dispositivo garante del nostro ordinamento, perché non è così, ma un principio di civiltà giuridica o, se si vuole, un messaggio di civiltà giuridica, che la Corte europea di giustizia ha mandato a tutti i Paesi europei. Se la Corte costituzionale si muoverà in questo senso, avremo la prova che sta realmente nascendo un diritto europeo condiviso da tutti i Paesi del nostro continente; altrimenti dovremmo, con tristezza, prendere atto che siamo ancora molto lontani dal condividere valori unificanti a livello europeo.

D. - L’aborto rimarrà lecito, ma la donna potrebbe trovarsi nella posizione di giustificare la sua volontà con motivazioni più sostenute, secondo lei?

R. - Sicuramente il punto debole - alcuni dicono: l’ipocrisia - dell’attuale legge italiana sull’aborto sta nel fatto che si riconosce un aborto legale alla donna, quando la donna invoca ragioni di salute, e questo potrebbe anche essere accettabile; ma subito si riconducono queste ragioni di salute a motivazioni di carattere economico sociale, che molto spesso con la salute non hanno assolutamente niente a che fare. È su questo nodo che dovremmo intervenire con onestà intellettuale, indipendentemente dall’impulso che potrebbe essere dato dalla Corte europea di giustizia.







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